Mamma Küster va in cielo, Rai Tre (Fuori Orario), ore 1,50.
Derogo dalla regola che mi sono dato di segnalare solo i film trasmessi in tv prima della una di notte (poi è meglio andare a letto e lasciar lavorare semmai i vari recorder). Ma Fassbinder è Fassbinder, oltretutto questo Mamma Küster va in cielo, mandato in onda meritoriamente da Fuori Orario, non è stato praticamente mai visto in Italia. Una delle opere meno conosciute, ma non certo minori, dell’immenso Rainer Werner, uno degli autori che più amo di tutta la storia del cinema, uno che nel cinema così inodore e insapore di oggi sarebbe necessario. Del 1975, Mamma Küster è, come spesso nel suo autore, una parabola assai dimostrativa e assai brechtiana – siamo in Germania, dopotutto – tesa a stigmatizzare la manipolazione mediatica e il potere del sistema comunicativo e l’alienazione indotta nella classe operaia dal capitalismo. Solo che, oggi, ci appare più complesso e stratificato, un qualcosa che profeticamente anticipa molta della società dello spettacolo dei decenni successivi, e delle sue derive. Un uomo, sconvolto dalla prospettiva del licenziamento, uccide il figlio del padrone della fabbrica (cosa ci potrebbe essere di più anni Settanta di questo?), poi si uccide. Dopo aver rilasciato un’intervista sul caso, la moglie sbanca i media, e intorno a lei si innesca il ballo dei profittatori, dalla figlia che vuole sfondare nello spettacolo a quelli del partito comunista vogliosi di sfruttare a fini propagandistici la vicenda. Ce n’è per tutti, e forse è per questo che il film e Fassbinder furono fischiati alla Berlinale. Con una delle attrici feticcio di RWF, e se ricordo bene sua ex moglie, Ingrid Craven. Con, nel ruolo della madre, la Brigitte Mira che avremmo poi ritroivato nel capolavoro di tutti i capolavori fassbinderiano, La paura mangia l’anima.
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