Hollywood Ending, Iris, ore 14,35.
Siccome dopo decenni di fastidio e insofferenza mi sto un attimo riconciliando con Woody Allen e il suo cinema, mi ritrovo a consigliare anche questo suo Hollywwod Ending – anno 2002 – che non è considerato neppure dai suoi più descamisados ed esagitati ammiratori un capolavoro. Però, insomma, va riconosciuto che il talento aguzzo alleniano c’è sempre ed è sempre al lavoro, prendendo stavolta a bersaglio il sistema cinema e l’Hollywood system in particolare: bersaglio, suvvia, piuttosto facile, che è come sparare sulla famosa croce con sede a Ginevra. Qui un regista già celebrato e bi-oscarizzato, e ormai ridotto a fare pubblicità per campare (ma Woody, cosa c’è di tanto disdicevole a girare commercials?), per rilanciarsi accetta obtorto collo di girare un film prodotto dal nuovo compagno della ex moglie. Un calcio alla dignità varrà il ritorno nel grande giro, no? Solo che sul set, causa stress, diventa cieco, di cecità psicosomatica, e, tenendo la cosa segreta segretissima, riesce in qualche modo a finire il film. Come dire: il cinema hollywoodiano è una tale m. che anche un cieco ce la fa. Ma qualcuno lo sputtana e racconta sui giornali la faccenda della perdita della vista: scandalo, e flop del film. Solo che quando esce in Francia, lì i critici lo esaltano come un capolavoro, e il nostro deciderà di tasferirsi a Parigi, dove tanto lo apprezzano. Ora, in Hollywood Ending si prende in giro Hollywood, ma anche i critici francesi non ci fanno una gran figura. E in fondo, Allen prende in giro anche se stesso e il proprio cinema. Non è forse vero che da tempo immemorabile i suoi film han più successo in Francia (ed Europa) che in America? E a Parigi un giorno non c’è andato davvaro a girare quel Midnight in Paris che sarebbe risultato uno dei successi più clamorosi (anche in America) della sua carriera? Oltre a Woody, in Hollywood Ending ci sono Téa Leoni, Treat Williams e Debra Messing.
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