Cuore sacro, Iris, ore 22,59.
Il film più coraggioso, forse l’unico vero azzardo nella carriera di una regista altrimenti felpato e cauteloso come Ferzan Ozpetek, solito a raccontare certe piccolissime trasgressioni (l’omosessualità più perbene) ovattandole con un galateo cinematografico che tutto smussa, attenua, ammorbidisce. Invece con Cuore sacro (2006) Ozpetek abbandona i sentieri tranquilli di La finestra di fronte e Le fate ignoranti, che tanto l’avevano fatto apprezzare dalle platee, per inoltrarsi in una storilisa gastonia difficile di ascesi mistiche, derive esistenziali, scelte estreme al limite del delirio. Una giovane imprenditrice in seguito ad alcuni incontri casuali non sopporta più l’aridità della sua vita, entra in crisi, si spoglia dei suoi privilegi e passa dall’altra parte: la parte dei poveri, dei derelitti, degli umiliati e offesi. Una parabola francescana tanto più strana ed eccentrica per il turco Ozpetek proveniente, si presume, dalla cultura islamica. Il modello preso a riferimento è il Rossellini altissimo, rischioso e ostico di Europa ’51, con una indimenticabile Ingrid Bergman folle di Dio e intrisa di pietà per gli uomini, una santa laica contemporanea affine per certi versi a Simone Weil. Cuore sacro è irrisolto, qua e là insostenibile e imbarazzante, ma è, vivaddio, un film che si muove fuori dalla medietà e dalla mediocrità. Fu un flop clamoroso, non poteva essere diversamente, e prontamente Ozpetek ritornò ai suoi film carini e morbidi, ritrovando il successo di pubblico prima con Saturno contro poi con Mine vaganti. Barbora Bobulova alle prese con un personaggio impossibile se la cava. Ma Cuore sacro vede anche la ricomparsa, dopo un lungo oscuramento, di Lisa Gastoni, ed è un evento. Gastoni è stata una presenza importante nel nostro cinema anni Sessanta e Settanta, protagonista di film come Grazie zia, Svegliati e uccidi e Mussolini ultimo atto.
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