The Millionaire, Rai 3, ore 21,05.
Danny Boyle, il regista di Trainspotting, ha azzeccato uno dei più grandi e inaspettati successi degli ultimi anni. Incassi altissimi (solo negli Usa 200 milioni di dollari) e una pioggia di Oscar, compreso quello per il miglior film. Che poi Slumdog Millionaire – questo è il più sottile titolo originale – è puro Dickens adattato ai peggiori bassifondi di Bombay (o Mumbai, secondo la dizione induisticamente corretta), un Oliver Twist dove agli infanti orfani ne succedono di tutti i colori. Jamal sopravvive all’inferno e da adolescente partecipa alla versione indiana di Chi vuol essere milionario?, assai più cattiva della nostra, con un presentatore carogna che poco ha a che spartire con il bonario Gerry Scotti de’ noantri. Incredibilmente il ragazzo vincerà, anche perché le domande hanno tutte (sarà il karma?) a che fare con un episodio della sua vita. Furbo espediente narrativo che consente al regista – e prima di lui a Vikas Swarup, autore del romanzo da cui il film è tratto – di ripercorrere tappa per tappa la storia del protagonista. Ancora una volta si dimostra l’immarcescibile fascinazione-repulsione o se volete attrazione fatale che lega l’Inghilterra e i suoi intellettuali alla sempre amata-odiata India, quella che fu un tempo il gioiello della Corona e ora si inerpica velocemente verso lo status di superpotenza economica ma che conserva nell’immaginario britannico un’inossidabile centralità. Danny Boyle cede al fascino dell’India, esattamente come prima di lui Edward Forster o Rudyard Kipling o Somerset Maugham. Film più furbo che bello, però confezionato con un’abilità diabolica. Danny Boyle copia lo stile sgargiante di Bollywood (il ballo finale alla stazione) e ne riprende qua e là le cadenze melodrammatiche. Non mancano le citazioni, non si sa quanto consapevoli o inconsce, del neorealismo italiano, De Sica con i suoi Sciuscià e Ladri di biciclette rispunta ovunque. Freida Pinto è di una bellezza che lascia senza fiato.
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