Giulia, Cielo, ore 21,10.
Ah, filmone che nel 1977 fece fremere con il suo engagement politico, molto politico, e conil suo protofemminismo le platee profondo rosso settantasettine e post-sessantottine. Su script della liberal e un po’ radical Lilian Hellman (peraltro amicissima di Sofia Loren), con una coppia di attrici che più leftist non si sarebbe potuto, Jane Hanoi Fonda e la trotzkista militante, con tanto di marce di protesta alle spalle, Vanessa Redgrave. Già basterebbe tutto questo a giustificarne oggi la visione quale prezioso prodotto e reperto di un’epoca. In più alla regia c’è il rigoroso Fred Zinnemann, che con bubero cipiglio gira, controlla e non consente il minimo deragliamento verso il frivolo. Pezzo di autobiografa di Lillian Hellman: si comincia negli anni Trenta a Vienna con lei studentessa, e i prof si chiamano Albert Einstein e Sigmund Freud, non so se mi spiego. Compagna e amica è Giulia. Ma i loro destini si divideranno: Lillian se ne va in America, dove comincia a scrivere e trova in Dashiell Hammett il suo amante-mentore, in una relazione turbinosa e complicata, ma feconda. Giulia continua nella sua militanza comunista, nostante ormai il nazismo sia penetrato ovunque e domini Germania e Austria e nonostante la menomazione dovuta alla perdita di una gamba. Lilliana riesce, sulla strada per Mosca dove è stata invitata, a fare tappa a Berlino, rivedere Giulia e consegnarle una somma di denaro per far espatriare clandestinamente uomini e donne in pericolo. Non si rivedranno più, Giulia verrà travolta dagli eventi, assassinata. Finale amaro. Certo che la scena dell’incontro è memorabile e fa piangere calde lacrime. Oscar a Vanessa Redgrave quale best supporting actress e a Jason Robards (Hammett) quale best supporting actor. Ma la cosa migliore è come Fred Zinnemann ricostruisce e ricorda la Mitteleuropa pre e post catastrofe, un mondo che conosceva bene e che, come molti rifugiati sull’asse Vienna-Berlino, aveva dovuto abbandonare.
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