La guerra di Mario, Iris, ore 22,46.
Si dovrà pur riconsiderare un giorno o l’altro la figura, e la statura, di Antonio Capuano, outsider del nostro cinema, regista profondamente napoletano con radici impiantate nella sua terra e non trapiantabili, autore di almeno un film imprescindibile, quel Luna rossa che, a distanza di dodici anni, si rivela sempre più seminale, profetico, influente. La guerra di Mario, del 2005, è di poco successivo a quel capo d’opera, e ancora una volta è qualcosa di non classificabile, un esempio di cinema del perturbante e del disordine, un film scorticato, ferito e urticante. Un film à la Capuano. Mario, di quei bambini che insegnanti e servizi sociali definiscono difficile, viene affidato dal tribunale dei minori a una coppia borghese. Ma sarà dura, per lui e per chi lo ha accolto. Un film che fa piazza pulita di tutte le belle retoriche su affido e adiozione e presenta in tutta la sua crudezza una vita infantile dimidiata tra la madre biologica e chi vorebbe fargli da nuovo genitore. Con Valeria Golino, Andrea Renzi e Anita Caprioli.
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