La variabile umana, regia di Bruno Oliviero. Con Silvio Orlando, Alice Raffaelli, Sandra Ceccarelli, Giuseppe Battiston. Presentato nella sezione Piazza Grande.
Un film che avrebbe potuto rinnovare la tradizione del noir milanese alla Scerbanenco-Di Leo. Invece, missione non compiuta. Plot scarno e risibile, con un finale che anche lo spettatore più diasattento dopo mezz’ora ha già sgamato. Suspense tendente allo zero assoluto. Confezione professionale, ma esteriore e senza profondità. Milano sprecata come location. Voto 3
Da anni non veniva proiettato sullo schermo gigante e totemico di Piazza Grande un nuovo film italiano, e dunque questo La variabile umana era assai atteso, quasi un segno di rinascita per il troppo piccolo, sempre più piccolo cinema italiano e per l’ancora più piccolo cinema milanese (trattasi di un film difatti girato a Milano e di produzione lombarda, almeno in parte). Invece la missione non è andata a buon fine. La variabile umana, già pretenzioso dal titolo, si è rivelato alla visione un oggetto cinematografico gracile fino all’inconsistenza, con una storia che generosamente possiamo definire minimalista e in realtà evanescente fino al nulla, un noir che spreca mille occasioni, a partire da Milano come sfondo e contenitore. Un noir milanese, ci era stato annunciato. Sicché uno pensa subito ai tempi gloriosi di Scerbanenco, alle sue storie con l’odore umido dei navigli e della nebbia, ma anche ai gialli di Renato Olivieri, a certi film di Fernando Di Leo. Invece, amarissima delusione. Quei gloriosi precedenti non emergono, non si intuiscono in nessuna maniera in La variabile umana, dimenticati, ignorati, piallati via. Si parte classicamente con il cadavere di un ricco e debosciato signore, morto dissanguato in casa dopo un colpo di pistola e dopo una notte si presume di vizi, alcol e sostanze varie. Si sospetta subito della moglie, tradita da molti, troppi anni dal consorte con ragazzine, meglio se minorenni. A questa traccia narrativa se ne aggiunge un’altra allorché l’ispettore Monaco, incaricato del caso, scopre che la figlia adolescente si è impossessata della sua pistola e con alcuni amici ha trascorso una notte brava sparacchiando qua e là. Ora, il suddetto ispettore ci mette un’ora e passa a capire quel che sta sotto gli occhi di tutti, e che anche lo spettatore più appisolato (ai festival ogni tanto si crolla sotto il peso inesorabile dei film) ha già sgamato. Non succede niente o quasi nel film, che si trascina con esasperante lentezza e vuotaggine narrativa fino all’ultima scena. Che vorebbe essere un noir e una detection come Dio comanda ma non ce la fa per l’immane povertà dei materiali narrativi, che vorrebbe essere un romanzo familiare su come siano difficili al giorno d’oggi le relazioni genitori-figli (lo erano anche ieri e l’altroieri, se è per questo), ma pure lì resta alla superficie. Aggiungete la recitazione inadeguata di alcuni attori (però Battiston al solito si salva), una regia che, non avendo nulla da raccontare e mettere in scena, pretende di giocare sulla forma e cade invece in un’estetica facile e tutta esteriore da cattiva pubblicità, ed ecco La variabile umana. Almeno, un titolo più schiscio che non alludesse a Graham Greene, sant’Iddio.
CERCA UN FILM
ISCRIVITI AI POST VIA MAIL
-
-
ARTICOLI RECENTI
- In sala. PATAGONIA, un film di Simone Bozzelli (recensione). Storia di Yuri e Ago
- In sala. IL GRANDE CARRO, un film di Philippe Garrel (recensione). Premio per la migliore regia alla Berlinale 2023
- Venezia 80. EVIL DOES NOT EXIST (Il male non esiste) di Ryusuke Hamaguchi – recensione
- Venezia 80. GREEN BORDER di Agnieszka Holland (recensione): crisi umanitaria ai confini dell’Ue
- Venezia 80. Chi vincerà come migliore attrice/attore? Questi i favoriti
Iscriviti al blog tramite email
2 risposte a Locarno Festival 2013. Recensione: LA VARIABILE UMANA. Delude molto, moltissimo, il noir italiano (anzi milanese) in Piazza Grande