Recensione. ELYSIUM è tra i peggiori film del 2013, una noiosa predica ideologica in forma di sci-fi

elysium222elysium218Elysium, regia e sceneggiatura di Neill Blomkamp. Con Matt Damon, Jodie Foster, William Fichtner, Alice Braga, Sharlto Copley, Diego Luna, Michael Shanks. Usa. Al cinema da giovedì 29 agosto 2013.elysium206Anno 2154. Sulla Terra, sporca, inquinata, malata, son rimasti solo i poveri. Gli altri, i ricchi, i privilegiati, se ne sono andati ad abitare lassù a Elysium, un mondo artificiale esclusivo e inaccessibile. Qualche astronave cerca ogni tanto di sbarcare con qualche terrestre clandestino, ma subito la feroce polizia di frontiera attacca e distrugge. Sarà Mike, per salvare se stesso e gli altri terrestri come lui, a dare il via alla rivolta. Un apologo che in forma di fantascienza riesuma un miserabilismo di stampo ottocentesco. Infinite le allusioni al mondo di oggi diviso tra Nord ricco e Sud povero: le navi spaziali come i boat a Lampedusa. Ma la predica è troppo smaccata, il film troppo esemplare e a tesi. Nemmeno Matt Damon e una Jodie Foster, peraltro ridotta a macchietta nazistoide, ce la fanno a salvarlo. Voto 4elysium201Ma quant’è brutto. Gonfio di retorica populistica, predicatorio, tagliato giù con il machete nel suo plot che si vorrebbe avvincente ed è solo piatto e pervedibile e telefonatissimo. Manicheo come non usa più da un pezzo (le penombre e le sfumature son più adeguate al casino nostro di oggi, a questa inafferrabile contemporaneità, e invece qui sembra di stare in un feuilleton ottocentesco à les Misérables) nel suo dividere i buoni di qua e i cattivi di là, e in mezzo il niente, la terra di nessuno. Sentite un po’. Nel 2154, molto in là ma non così in là, diciamo tra un sette-otto generazioni, la Terra è ridotta a un postaccio invivibile, inquinato, percorso da orde criminali, con miseria e malattie dilaganti, e a viverci son rimasti solo i reietti, i poveri, la parte più sfortunata degli umani, che si arrabattano come possono in una Los Angeles (è il pezzo di Terra che il film ci mostra) ridotta a un enorme barrio soprattutto ispanico, e cencioso, polveroso e sozzo. I ricchi, i sciuri, se ne stan lassù nel cielo, in un pianeta artificiale chiamato Elysium, una grande ruota tanto somigliante a quella che gira lenta al suono di Richard Strauss in 2001, Odissea nello spazio (in ogni sci-fi c’è sempre qualcosa rubato a quel film immenso, e il saccheggio dura ormai da più di quarant’anni). Se laggiù all’inferno terreno son tutti brutti, sporchi e, causa disperazione, anche cattivi parecchio (e parlano lo spagnolo), lassù nell’Eliso vivono i nuovi dei, donne e  uomini belli, levigati, di quella perfezione anche estetica che solo il quattrino abbondante può assicurare (e parlano inglese e lo scicchissimo francese). Ville e villotte bianche e un po’ neoclassiche, prati verdissimi che sembra dian la cera ai fili d’erba, piscine con strafighe galattiche ai bordi e manzi muscolarizzati a fianco. Il paradiso glamourizzato e patinato come oggi se lo può sognare e immaginare un proletario o sottoproletario medio di un qualunque punto sfigato del mondo. Non bastasse, in ogni casa di Elysium c’è una macchina, qualcosa tra il sarcofago egizio e il criocontenitore di Alien e la risonanza magnetica, in cui basta adagiarsi per guarire immediatamente da ogni ferita e ogni malattia, chiamiamolo un rigeneratore, ecco. Dalla Terra dei disperati ogni tanto partono navi spaziali clandestine con un carico di umanità affamata e afflitta e affetta da ogni male che cerca di sbarcare su Elysium, ma la crudele polizia di frontiera di lassù non ha pietà, e spara, colpisce, abbatte, disperde nel cosmo senza troppi scrupoli. Capita la metafora, no? Qui si allude al boat pepole che ogni giorno parte dalle coste africane per trovare un posto nell’Europa (un tempo) ricca. O dalle coste asiatiche direzione Australia. Elysium come Lampedusa, porta aperta su un mondo sognato, e le spaceships usurate e cadenti come carrette dei mari cosmici. O, se vogliamo, l’allusione è ai tanti centroamericani e latini che si riversano oltre il muro tra Messico e Stati Uniti. Ecco, il regista canadese-sudafricano Neill Blomkamp, diventato famoso qualche anno fa con quel Discrict 9 che in America ha avuto un successo pazzesco aprendogli le porte di Hollywood per questo Elysium, svolge la sua storia di poveri-contro-ricchi con una legnosità e lagnosità da vecchio cinema di propaganda anni Cinquanta, con un terzomondismo e miserabilismo fuori tempo massimo. Più che un racconto, un teorema ideologico con incorporati tesi e messaggio da cui ogni imprevedibilità è bandita, ogni sorpresa accuratamente cancellata. Signori, qui si mette in scena nientedimeno che la lotta di classe in versione cosmica, mica cazzi. Perché laggiù, nella terra dei desesperados, c’è un uomo, Max, che diventerà lo strumento e il leader della ribellione contro l’ordine costituito, e dell’invasione di Elysium da parte degli esclusi. Ma andiamo con ordine, senza peraltro raccontare la rava e la fava. Il losangelino Max è un ex ladro di macchine, il migliore di tutti, un mito, che adesso ha messo la testa a posto e lavora come operaio in una fabbrica. Con un padrone carogna che, ovvio, si è arricchito con le commesse del governo di Elysium, uno che è andato giù sulla terra a impiantare catene di montaggio onde sfruttare la mandopera a basso costo, come si fa nel nostro mondo qui e ora delocalizzando in Romania e Slovacchia o in Cina e Vietnam. Bene, il nostro Mike, causa carogneria dei superiori, finisce contaminato e radioattivizzato da non si capisce bene cosa, però si capisce che ha soli cinque giorni di vita. Unica possibilità per salvarsi, raggiungere Elysium e infilarsi in una di quelle macchine salvavita. Non resta che rivolgersi a un boss criminale, l’unico con i mezzi per poterlo traghettare insieme a un altro carico di clandestini verso Lampedusa-Elysium. Non è che l’inizio della storia. Che vede dall’altra parte, nel paradiso lassù tutto piscine salute bellezza, una Jodie Foster assai nazi, una specie di ministressa degli interni adibita a preservare Elysium da ogni sbarco straniero e contaminazione etnico-castale, e lei la sua missione la persegue con il pugno d’acciaio facendo sparare sulle astronavi irregolari. Punto. Una di quelle donne con le palle che ti fan venire i brividi solo a guardarle. Bene, l’ambiziosa signora ha un sogno: diventare lei la padrona, la dittatrice di Elysium, sloggiando il presidente in carica da lei giudicata un po’ troppo mollaccione. Così eccola congiurare per un golpe che dovrebbe consegnare il pianeta nelle sue mani. Ma le cose saranno più complicate del previsto, e le sue trame dovrano fare i conti con la voglia di Mike di arrivare, a ogni costo, su Elysium. Non vi dico cosa succede, ma lo potete immaginare. C’è anche una strana tecnica di download direttamente dal cervello, posizioni la macchinetta sul cranio del tizio ed ecco che dai suoi neuroni si scaricano tutte le informazioni ivi contenute. Cosa che avrà la sua bella importanza nella narrazione. Solo che a un certo punto della predica non se ne può più. Quando poi vedi il povero Mike (ah sì, dimenticavo: è uno smarrito Matt Damon, con la sua faccia da cagnone buono) trasformarsi in una sorta di uomo-macchina alla Tetsuo tramite avvitamento nelle sue carni di varie protesi metalliche, vien voglia di scappare dal cinema. Ormai, grosso com’è, il buon Matt così conciato e metallizzato appare grottesco e perfino ridicolo, imbarazzato e imbarazzante, mai per un momento credibile come Eroe, come Messia dei terrestri e Profeta della rivolta. Il regista Neill Blomkamp in Distric 9 aveva usato la fantascienza e uno sbarco di alieni per impiantare una metaforona dell’apartheid nel suo Sud Africa, qui replica con molti più mezzi se non la stessa idea, certo una molto, molto somigliante, e vien da chiedersi se non sia di quegli autori che giran sempre lo stesso film solo variando un filo la salsa. Vedendo Elysium, non ho potuto non pensare a Slavoj Zizek, lo psicanalista-filosofo lacaniano & marxiano di origine slovena assai amato negli ambienti alter mondialisti e antagonisti, che negli ultimi anni ha fatto da faccia e voce guida a due eccentrici docufilm firmati Sophie Fiennes, sì, sorella di Ralph e Joseph, The Pervert’s Guide to Cinema e The Pervert’s Guide to Ideology. Nel secondo, in cui commenta spezzoni di film famosi che secondo lui meglio incarnano, rappresentano e smascherano la categoria marxiana (con venature in lui anche freudiane) di ideologia, si parte con Essi vivono di Carpenter, subito definito dal filosofo-psicanalista “il film più di sinistra mai prodotto da Hollywood”. Chssà cosa dirà quando andrà a vedersi Elysium. Aspettiamo che lo inserisca nella sua prossima The Pervert’s Guide a qualcosa.

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