Oggi vado qui a Milano a vedermi nella rassegna Venezia e dintorni un piccolo film che al Lido, nel solito casino festivaliero, mi ero perso, A Fuller Life, documentario-biopic su Samuel Fuller realizzato, dignitosamente va detto, dalla figlia Samantha. Ora, compaiono i crediti ed ecco uscire il nome di James Franco. Anche qui?, mi dico quasi stordito dall’improvvisa quanto inattesa rivelazione. Pochi secondi dopo, eccolo apparire sullo schermo con la sua bella faccia – sul glamour di Franco non si discute – leggere alcuni brani dell’autobiografia di Fuller, quelli relativi alla sua infanzia e al suo precoce amore per la stampa e la conaca nera. Mi riprendo dal colpo, e comincio a contare i film e/o i lavori visuali in cui l’infaticabile, l’onnipresente, il prometeico, il rinascimentale, il multiforme JF – uno al cui confronto Stakanov sembrerebbe un fancazzista – è stato coinvolto nell’ultimo anno, e mi limito a quanto ho visto o sfiorato ai vari festival. La quantità, e anche la qualità, fa impressione.
Cominciamo dall‘ultimo festival di Venezia:
1) Child of God, film da lui diretto, presentato in concorso con tipiedo consenso dei critici italiani (è andata meglio con gli stranieri). Tratto da un romanzo di Cormac McCarthy. Franco si è anche presentato in conferenza stampa inieme al suo attore protagonista Scott Haze rispondendo con la solita cortesia alle varie e non sempre pertinenti domande. Poi, tanto per non farsi mancare nulla, è intervenuto alla festa di Vanity Fair.
2) Palo Alto. Film presentato a Orizzonti e diretto sì da Gia Coppola (figlia del figlio di Francis, Giancarlo, scomparso in un incidente di mare), però da lui prodotto, da lui interpretato e pure tratto da un suo racconto.
3) A Fuller Life di Samantha Fuller. Della partecipazione dell’Onnipresente non sapevo nulla fino a oggi, quando ho visto il film a Milano.
4) James Franco: The Last Unicorn. Il video realizzato su di lui nientemeno che da Marina Abramovich. Se ne è mostrarto un trailer alla festa dell’Uomo Vogue alla vigilia della mostra. Già, perché chi credete ci sia sulla cover dell’UV? Indovinato: lui. Anche protagonista della campagna Gucci sicché, viaggiando in vaporetto a Venezia, ecco che si restava – e si resta- abbagliati dalla sua faccia con barba e occhiali scuri che campeggia gigantesca a lato di Palazzo Ducale. Ne ha parlato sul New Yorker anche Anthony Lane nella sua articolessa sul festival.
Ma l’Infaticabile non si è perso nessuno dei festival più importanti da un anno in qua. Mettiamo giù la lista.
A Venezia 2012:
Spring Breakers, di Harmony Korine. Con James Franco rapper-narcotraficante di Miami con denti metallizzati. Film di culto. Performance, bisogna riconoscere, grandiosa. Me lo ricordo assai disponibile alla conf. stampa con le tre ragazzacce.
Al Festival di Berlino 2013 (lo scorso febbraio):
1) Interior: Leather Bar, presentato nella sezione Panorama. Del film, che ricostruisce con scene di sesso esplicito tra maschi i 40 minuti censurati e perduti di Cruising di William Friedkin, James Franco è interprete e co-regista insieme a Travis Mathews. Film alquanto ardito, proiettato poi anche al Festival Mix a Milano del cinema gay.
2) Lovelace. Biopic della star di Gola profonda (interpretata da Amanda Sayfried) dove lui è Hugh Hefner, il padre fondatore di Playboy e del mito delle conigliette. Poco più che un cameo, però lo si nota eccome.
3) Maladies, diretto da Carter, artista che qui si dà al cinema raccontando di vite ai margini. Di cui una, ovvio, è interpretata dall’ineludibile, inevitabile JF.
Al Festival di Cannes 2013 (lo scorso maggio):
As I Lay Dying (Mentre morivo), ambiziosissimo film che JF ha diretto e tratto da William Faulkner. Opera lurida e cattiva che contraddice il lato glamorous e stellare del nostro. Il quale naturalmente è anche tra gli interpreti. Presentato non nel Concorso principale, ma a Un certain regard dove, per via di certi sperimentalismi e della durezza della storia, ha sconcertato molte adepte del culto Franco.
Bene, aggiungiamo che nel frattempo il nostro è apparso anche nella megaproduzione Disney Il grande e potente Oz e nella commedia demenziale Facciamola finita, entrambi gran successi al box office. C’è da chiedersi come faccia a reggersi ancora in piedi. Io non so cosa lo spinga a tanto frenetico attivismo, però anche i più rocciosi suoi estimatori, come me, cominciano a sentirsi provati.
Updating alle ore 10.00 di martedì 17 settembre 2013:
L’amico Andrea Bruni mi ricorda anche la quantomeno stravagante installazione (ovviamente multimediale) realizzata da James Franco alla londinese Pace Gallery insieme all’artista scozzese Douglas Gordon. Visibile e visitabile fino al 3 agosto scorso, Psycho Nacirema si è configurata come una rivisitazione del film Psycho attraverso ri-facimenti, messinscene, ricreazione di uno spazio con gli oggetti feticcio di quel capolavoro hitchockiano. Ma il punto cultistico dell’operazione è James Franco en travesti che rifà Janet Leigh nel film. Da quanto s’è potuto vedere in foto, comunque meglio della sua tragica performance drag agli Oscar 2o12. (E però, Franco, tutto questo tuo ossessivo costeggiare e corteggiare il mondo queer e gay e trasngender e tutti i possibili dintorni, qualcosa vorrà pur dire, no?)