Lo sconosciuto del lago (L’inconnu du lac), regia di Alain Guiraudie. Con Pierre Deladonchamps, Christophe Paou, Patrick d’Assumçao. Presentato a Cannes 2013 a Un certain regard, vincitore del premio per la miglior regia e della Queer Palm come migliore film d’argomento gay del festival. Nei cinema italiani da giovedì 26 settembre.
Eccolo, finalmente, il film che fin dalla sua prima proiezione a Cannes ha fatto discutere e pure scandalizzato le anime belle. Sulla riva di un piccolo lago, luogo di incontri omosessuali, Franck perderà la testa per Michel. Ma Michel è un tipo pericoloso. Molto sesso esplicito, molti full frontal maschili, molte pratiche erotiche tra soli uomini. Un film che è anche, soprattutto, un thriller e una sottile indagine sul desiderio e i suoi rischi. Voto tra il 7 e l’8
Quando l’ho visto a Cannes lo scorso maggio francamente non pensavo che sarebbe diventato il caso che è poi diventato. Non era neanche così piena la Salle Debusssy alla prima proiezione stampa, e non abbondavano i giornalisti italiani. Di francesi sì, ce n’erano di più, e già avevano messo L’inconnu du lac tra i film da tenere d’occhio. Qualche fuga di signore infastidite (scandalizzate no, temo non si scandalizzi più nessun ormai, non è chic), per le molte scene di sesso esplicito tra maschi. Poi è partito il passaparola, la catena del word-of-mouth, e Lo sconosciuto del lago si è trasformato nel film-assolutamente-da-vedere. Non è il primo, e non sarà l’ultimo esempio di come ormai i confini tra il cinema delle sale normali e il porno si siano fatti sempre più labili, e di come il sesso tosto abbia espugnato anche i festival di fascia alta. Quest’anno anzi la tendenza è dilagata. A Cannes non solo con Lo sconosciuto del lago, ma con la stessa Palma d’oro La vie d’Adèle e la sua lesboscena di dieci minuti, e a Locarno con Zone umide. Non è finita, a Natale ci aspettano le cinque ore di Nymphoniac di Lars Von Trier che promette l’abbattimento di ulteriori barriere. Non starei a discutere e disquisire, e a perdere tempo, se sia una ulteriore conquista in fatto di diritti (quali diritti poi?) o un segno di imbarbarimento e incanaglimento. Prendo atto, e basta. Il problema se mai è che la visione e ogni possibile giudizio su questo film vengano pesantemente infuenzati dal suo tasso di sesso esibito (piuttosto alto), e che di Lo sconosciuto del lago si finisca col parlare solo per via dei suoi pompini tra uomini, full frontal ripresi in serie, cazzi di ogni foggia e dimensione abbondantemente mostrati dalla macchina da presa, sodomizzazioni gagliarde, e per la più evidente scena di masturbazione (con eiaculazione) che si sia mai vista fuori dal circuito hard. È che questo film di sesso parla, di desiderio, di voglie, di passioni corporali e carnali di uomini per altri uomini. Sulla spiaggia pietrosa che circonda un piccolo lago in una qualche parte interna della Francia, forse al Sud, si ritrovano ogni giorno decine di omosessuali, giacché quello è luogo di incontro e di battuage. Ci si vede, ci si scruta, ci si guata. Se poi ci si piace si combina subito, lì dietro tra le frasche del bosco, senza magari neanche chiedersi il nome, e rischiando continuamente che qualche altro gay di passaggio si soffermi a godere lo spettacolo. Certo, un’immagine degli omosessuali e dell’omosessualità non propriamente in linea con le carinerie e il gaysmo perbene oggi dominante, intendo il gaysmo delle coppiette che contraggono matrimonio e si giurano eterna fedeltà davanti ai media. Quella che ci mostra il regista Guiraudie è invece un’omosessualità piuttosto sconveniente, non proprio bon ton, non proprio da salottino elegante. Niente mano nella mano. Semmai, anche tra sconosciuti, subito la mano sulla patta, che di sicuro non è cosa molto fine. Ma l’omosessualità è, soprattutto è stata in passato, anche questa selvaggeria, questo libertinaggio estremo dei sensi, dunque fa benissimo il regista a non rimuoverla e anestetizzarla nella carucceria ormai dilagante (e insopportabile). Nello scenario claustrofobico del piccolo lago, dove niente sfugge agli occhi dei tanti gay nudi sulla spiaggia in attesa di un partner, arriva Franck. Ragazzo di bun carattere e in fondo non privo di romanticherie, in cerca di un compagno per una scopata tra le frasche e magari qualcosa di più, magari una storia. Ci viene ogni pomeriggio, al lago, e finisce col conversare a lungo con Henri, signore vicino ai sessanta, senza quello splendore del corpo e quella giovinezza smagliante necessari per emergere e farsi valere su quel difficile, selettivo, ipercompetitivo palcoscenico. Non sa neanche perché ci viene, visto che lui omosessuale non è, è sposato difatti, anche se il suo matrimonio è in crisi nera e sta per finire. Il suo punto di vista su quanto si trova di fronte è quello di un alieno tra lo spaesato e l’affascinato. Ma il centro della scena se lo conquista un nuovo arrivo, Michel, baffo e muscoli da macho, che diventa subito l’oggetto di tutti i desideri della spiaggia, compreso quello di Franck. Solo che lui non è sul mercato, accompagnato com’è da un ragazzo appiccicoso che non lo molla mai. Finché, qualche giorno dopo, dall’alto della collina Franck assisterà a qualcosa che lo stravolgerà, e si porrà come snodo narrativo dell’intero film. Vedrà il baffuto Michel in acqua fare qualche bracciata con il suo compagno, e poi affondarlo e annegarlo. Il film vira di colpo verso il noir-thriller, con molto di hitchockiano, soprattutto da La finestra sul cortile (il delitto visto da lontano) e L’ombra del dubbio. Già, perché quella scena cui Franck ha assisto si è svolta velocissima, lasciando aperta qualche domanda. Viene ritrovato il corpo, arriva un poliziotto a interrogare e indagare. Torna al lago anche il baffuto-macho Michel, e stavolta fa capire al buon Franck di voler fare l’amore con lui. Già, ma si può fare l’amore con un assassino? Sì. Franck lo fa, desidera Michel, non riesce a sottrarsi. Comincia tra i due qualcosa che somiglia a una storia, nella più assoluta ambiguità. Franck non dice a Michel di averlo visto uccidere, ma forse Michel sa che lui sa. Sesso furiosamente praticato, mentre Frank si chiede, e noi con lui: e se Michel tornasse a uccidere? e se la sua prossima vittima fosse proprio Franck? E par di rivedere Joan Fontaine che nel Dubbio di Hitchcock si chiede terrorizzata se il marito Cary Grant stia per ucciderla o meno là sulla scogliera. Altro sangue scorrerà, parecchio sangue, e di più non dico, ovvio. Credo che Guiraudie abbia consapevolmente usato una narrazione da thriller classico per allestire il suo teatro del desiderio e della minaccia. Desiderio come forza incontrollabile e sottratta a ogni razionalità. Il nucleo del film sta nell’attrazione che Franck prova, non può non provare, per chi potrebbe essere il suo carnefice, e nella manipolazione mediante il sesso da parte del carnefice della possibile vittima. Qualcosa che non è riducibile al banale schema interpretativo del sadismo e del masochismo, pulsioni ormai sputtanate dalle pratiche fetish e S/M di massa, ma che va oltre, e più giù. Qualcosa che ha a che fare con l’intreccio di vita e distruzione, e con la fascinazione così spesso esercitata sull’omosessuale dal maschile più oscuro e pericoloso (che, tra l’altro, è anche il nocciolo di un altro recente film, bellissimo, sull’essere gay, quel Tom à la ferme del ventiquattrenne Xavier Dolan in concorso a Venezia e uscitone purtroppo senza un premio). Nel suo muoversi apparente all’interno dei generi cinematografici e dei codici del porno, Lo sconosciuto del lago è invece un’indagine disincantata e lucida sulla tortuosità del desiderio, e non solo di quello gay.
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