Las Acacias, regia di Pablo Giorgelli. Con Germán de Silva, Hebe Duarte. Argentina. Distribuito da CineClub Internazionale.
Arriva (in qualche cinema) il film argentino vincitore due anni fa della Caméra d’or a Cannes come migliore opera prima. Un road movie da Asuncion, Paraguay, a Buenos Aires. Rubén imbarca di malavoglia sul suo camion Jacinta e la sua bambina di cinque mesi. Non succederà (apparentemente) quasi niente, ma alla fine del viaggio le loro vite non saranno più le stesse. Trionfo del minimalismo, dell’assenza e del nulla, eppure todo cambia. Voto 7
Arriva finalmente dopo due anni e mezzo (misteri della distribuzione) questo piccolo, ma rimarchevole, film argentino vincitore a Cannes 2011 della Caméra d’or per la migliore opera prima dopo essere stato proiettato alla Semaine de la critique. Son seguiti vagabondaggi tra vari festival, compreso, mi pare di ricordare, il Bergamo Film Meeting, e adesso eccolo in qualche sala italiana (qui a Milano lo danno al Palestrina). Un road movie latino-americano in cui apparentemente nulla succede – Las Acacias è il trionfo del cosiddetto minimalismo – eppure molto succede, tant’è che le vite dei suoi protagonisti ne resteranno segnate. Todo cambia. Asuncion, Paraguay. Il solitario e burbero Rubén sta per partire con il suo truck per Buenos Aires con un carico di legname quando il committente gli chiede (ma è unordine in realtà cui non si può dire di no) di prendersi a bordo anche una ragazza. Si scoprirà che lei, Jacinta, non è sola, ma si porta con sé la figlia di appena cinque mesi, Anahi. Di malavoglia Rubén accetta e imbarca, e per parecchio la coabitazione dei due (più bambina) nell’abitacolo si comporrà di frasi smozzicate e difficoltose e puramente funzionali, una latente ostilità o fastidio da parte di lui, i pianti della bambina e molti silenzi. Oltre i finestrini, il paesaggio paraguaiano in prossimità della frontiera con l’Argentina. Giorgelli è abile nel tenere desta la nostra attenzione alternando le immagini del dentro e del fuori del camion, facendo interagire con minimi gesti e sguardi i personaggi, orchestrando soprattutto i suoni, le voci e l’assenza di ogni suono, e il buio della notte e la luce del giorno. Qui Las Acacias, nella sua radicalità, nel suo pattinare sul ghiaccio sottile del vuoto narrativo senza sprofondarvi, dà il suo meglio, realizzando un cinema ipnotico, della ripetizione, della fissità e dell’avvolgenza, un cinema che ricorda certo Andy Warhol o gli sperimentalismi di Straub-Huillet. Cinema puro dello sguardo (e anche dell’ascolto in questo caso) e dell’assenza. Poi qualcosa succede, nei cunicoli profondi del racconto qualcosa comincia, seppure lentissimamente, a muoversi, fino ad affiorare e ridisegnare le traiettorie dei suoi protagonisti e a comporre una trama. Emergono frammenti del passato di lui e di lei, che vuole raggiungere una cugina a Buenos Aires e cominciare una nuova vita un po’ meno grama. Ci sarà il passaggio, difficile per Jacinta, alla frontiera. Ci sarà una deviazione al villaggio in cui abita la sorella di Rubén e una sosta in riva a un lago. Tra il solitario Rubén e quella madre singola, e quella bambina, si stabilirà una connessione, e alla fine del viaggio niente sarà come all’inizio. Giorgelli riesce nel miracolo di non cadere, pur in pesenza di una bambina di pochi mesi, nel patetismo, nello sfilacciamento e nella melassa dei cattivi sentimenti. Non osa però portare fino in fondo la sua rischiosa scommessa della prima parte, quella di una partitura narrativa costruita attraverso e intorno al non detto, all’alluso. Adottando, anche, nel raccontare i destini degli ultimi – perché in questa categoria è relegata Jacinta – i modi del cinema disadorno dei Dardenne. Man mano il film si normalizza e, pur mantenendosi a livelli di massima dignità, sfiora rischiosamente il convenzionale. Ma resta una bella riuscita, anche se non quel capolavoro salutato da certa critica straniera, francese e americana. Jacinta parla, oltre che spagnolo, il guaranì, aprendoci finestre su una cultura india di cui poco sapevamo, ed è un altro dei meriti di Las Acacias.
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