La vie en rose, Rai Movie, ore 23,20.
Film più famoso che visto, almeno in Italia, e che sarà il caso di afferrare al volo stasera su Rai Movie, almeno un qualche brandello. Come lascia intendere il titolo-canzone, trattasi del biopic (non il primo, e credo non sarà l’ultimo) del 2007 di Edith Piaf, cioè il mito di tutti i miti della chanson française, la cantante francese par excellence, colei che meglio di chiunque seppe intercettare l’anima profonda e popolare della nazione e esprimerla attraverso interpretazioni e titoli che nessuno può dimenticare. Voce roca e come interrotta, strappata, che si fa subito melodramma, Piaf è Piaf, punto. Con una vita, finita a soli 48 anni, che signora mia davvero è un romanzo popolare, così incredibile da sembrare finzione, invece no. Questo film dell’abile Olivier Dahan – con struttura fratturata e non lineare, e continui su e giù temporali – assegna un’importanza centrale all’infanzia, perché è lì che si forgia drammaturgicamente il personaggio Piaf e ha inizio una mirabolante narrazione che affascinerà la Francia per decenni, e ancora continua. La piccola Edith è figlia di una madre cantante di strada e di un papà contorsionista da circo, e già questo è puro feuilleton. Per toglierla dalla strada il padre la affida alla nonna, tenutaria di un bordello, sicchè la piccola cresce tra le signorine e impara la vita. A 18 anni ha una figlia, che però muore subito. Il resto della sua esistenza è altrettanto mélo. Il successo e gli osanna si accompagneranno alle tragedie private, le continue malattie, la morte in un incidente aereo dell’amato Marcel Cerdan, campione di boxe. Fino al matrimonio tardivo con uno sconosciuto ragazzo di origine greca che lei cercherà di lanciare nello spettacolo. Vita pazzesca, cui Olivier Dahan poco aggiunge (non ce n’era bisogno), se non una confezione astutamente ipermoderna, ritmata, colorata ed effettistica, con una Piaf trattata e usata lei stessa come un effetto speciale naturale, umano. Ma il film è la sua interprete, Marion Cotillard, che incredibilmente – non essendo americana – vince addirittura l’Oscar, e che in Piaf si cala con uno di quei processi di immedesimazione che stanno ambiguamente tra l’interpretazione e l’imitazione (vedi anche la Meryl Streep di The Iron Lady). Per Cotillard è una svolta, questo film le apre inaspettatamente una carriera anche americana piena di belle cose (Public Enemies, Nine, soprattutto Inception e Midnight in Paris, e tra poco il nuovo Batman di Nolan) e in patria la trasforma in quella star che prima non era (Piccole bugie tra gli amici, che in Francia ha incassato l’iradiddio).
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