La chiave, Cielo, ore 23,15.
Incredibile che lo passino in tv, e ieri sera addirittura in prime time, alle 21. Incredibile se si pensa all’aura maledetta e scandalosissima che si porta dietro dai tempi della sua apparizione su grande schermo (correva l’anno 1983, e fan trent’anni giusti). Film epocale, per più versi. Per il suo autore Tinto Brass, che schiantò il box office e si affermò come signore dell’erotismo nel famoso immaginario collettivo, e mica solo italiano. Per come inserì la rappresentazione del sesso, e il sesso esplicito o quasi, nel cinema medio-mainstream. Per il lancio di Stefania Sandrelli, una che veniva da Germi-Bertolucci-Scola-Pietrangeli, quale opulento simbolo del sesso nazionale e oggetto di ogni possibile sogno e voglia di possesso. Ispirato a un romanzo di Tanizaki, una storia morbosa assai ambientata nella Venezia, territorio brassiano per eccellenza, ai tempi del fascismo e dell’entrata in guerra dell’Italia. Protagonista la strana coppia formata dall’inglese direttore della Biennale (però!) e dall’albergatrice veneziana sua moglie. Lei legge il diario in cui lui racconta le proprie fantasie sessuali (dopo che lui ha lasciato in giro volutamente la chiave di dove l’aveva rinchiuso perché la moglie vi accedesse), lei comincia a scriverne uno suo. Il risultato è che si dan da fare entrambi, e insieme, per scatenare al massimo il proprio desiderio e le proprie voglie. Tormenti e piaceri, e si sfiora voluttuosamente il kitsch con scene ormai leggendarie come lei che fa pipì sul selciato. Trapela un senso di verità, comunque, perché Brass al sesso come via verso l’estasi crede davvero. Sandrelli assoluta dominatrice. Con lei Frank Finlay e Franco Branciaroli. Cameo di Ugo Tognazzi.
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