Karaoke Girl (Sao Karaoke, La ragazza del karaoke), regia di Visra Vichit Vadakan. Con Sa Sittijun e la sua famiglia. Torino 31 (Concorso). Voto tra il 5 e il 6
A Bangkok dicesi Karaoke Girl di ragazza che lavora in un Karaoke Club e magari ci canta anche, però poi deve fare la puttana con i clienti. Una delle innumerevoli forme in cui la prostituzione si incarna nella capitale thailandese (e una delle capitali mondiali del mercato del sesso). A distinguere questo film è che non si tratta di fiction, ma, signori, come gridava il padre dei Sei personaggi pirandlliani, questa è realtà. Documentario? Documentario fictionalizzato? La macchina da presa riprende e registra pezzi di esistenza di Sa Sittijun, ragazza poco più che ventenne venuta ancora adolescente dalla campagna in città per fare soldi e aiutare la famiglia rimasta laggiù. Non si lamenta più di tanto, non è che fare la prostituta sia per lei il massimo ma, realisticamente, la considera una buona soluzione di passaggio. Le vediamo mentre è al Karaoke Club, mentre parla di sé (sempre con un certo ottimismo, è una che non si abbatte e non i piange addosso), mentre torna in famiglia con un bel po’ di regali, senza ovviamente rivelare quello che davvero fa. Non male, ma neanche niente di eccezionale. La regista (mi pare che Visra Vichit Vadakan sia una donna, anche se non ne sono sicuro) si è fatta venire una bella idea, ed esegue diligentemente il suo compito senza però accensioni particolari. Da una storia così si sarebbe dovuto cavare, cinematograficamente, qualcosa di più. A onore dell’autrice bisogna dire che la prostituzione è vista e trattata senza pregiudizi e senza maledettismi mélo o spiccioli sociologismi. Laicamente.
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