Die Geliebten Schwestern (The Beloved Sisters – Le amate sorelle), un film di Dominik Graf. Con Hannah Herzsprung, Florian Stetter, Henriette Confurius, Claudia Messner, Ronald Zehrfeld. In concorso.
Friedrich Schiller e le due sorelle che amò per tutta la vita: una se la sposò, l’altro se la tenne vicina. Un film ricostruisce il triangolo amoroso di uno dei grandi del pantheon tedesco. Un ritratto del genio Schiller non così convenzionale, svelto, senza inchini e riverenze. Ma ve lo immaginate in Italia un film così su Manzoni o Foscolo? Voto 6 e mezzo.
Non buttiamolo troppo giù questo film tedesco di tre ore – suppongo di destinazione prima o poi televisiva -, anche se sembra al primo sguardo un crinolina-movie per signore della domenica pomeriggio (al cinema) e della domenica sera (alla tv). Film in costume sì, ma con qualche idea e una velocità di regia, anche un’impertinenza, una disinvoltura nel trattare certi colossali personaggi patrii, che le nostre fiction medie, troppo medie, di Rai e Mediaset se le sognano. Qui c’è di mezzo un monumento delle storie letterarie tedesche come Friedrich Schiller, eppure non si fan troppe riverenze, non si gira e non si racconta con compunzione, non ci si inginocchia davanti al genio, anzi se ne ricava una storia allegra e poi melodrammatica di un amore mica tanto consueto, né ai quei tempi e nemmeno oggi. Il triangolo sì. In una meravigliosa Germania di provincia, a Rudolstad, nell’anno 1788 ( meno 1 alla Rivoluzione che in Francia cambierà tutto e lascerà i suoi segni sull’Europa, Germania compresa) c’è il giovin poeta e scrittore Friedrich Schiller, abbastanza povero ma non così straccione e comunque bello e sexy, uno che sta crescendo bene in fama e bravura, che ha già scritto I masnadieri, anche se la società germanica è ancora ai piedi del venerabile padre Goethe. Schiller, data la sua età e i suoi ormoni tempestosi, coltiva le lettere e le passioni del cuore e del sesso con uguale intensità. Conosce le due sorelle von Legenfeld, aristocratiche ma spiantatissime e orfane di padre, belle, sensibili, intelligenti, pronte a cogliere anche loro il vento che sta già spirando dalla Fancia con l’illuminismo. C’è insomma voglia di essere liberi, nelle menti e nei corpi e con i corpi, in una di quelle stagioni di giovanili speranze e baldanze che si son spesso ripetute in Occidente, da allora, passando per il romanticismo e la bohème arrivando fino alla Swinging London. Sempre le stesse cose (si potrà dire istanze?), sempre le stesse parole d’ordine: via la polvere, il vecchiume, abbasso l’ipocrisia, viva l’istinto. Il triangolo allora. Friedrich le ama tutte e due le sorelle von Legenfeld, o almeno sembra che le ami allo stesso modo, loro due amano Friedrich. Sigleranno un patto, impegnandosi a salvaguardare quel ménage à trois tenendolo lontano dalla gelosia, per tutta la vita. Non sarà così semplice. Charlotte, la maggiore, va in sposa per convenienza, spinta dalla madre, a un nobile che non ama, l’altra, Caroline, la più mite, diventerà la moglie di Schiller. La cui fama intanto cresce. Ma il trangolo no, alla lunga non reggerà, e saranno dolori e lacrime tra le due sorelle, con anche un bambino legittimo di mezzo e uno figlio della colpa. Con una fine che conferma come i triangoli siano un’illusione, come non si possa amare due donne (o due uomini) allo stesso modo, ma ce ne sarà sempre una (o uno) più amata. Una gran storia, non c’è che dire, perfetta per un romanzo televisivo con target femminile, tutt’altro che sciocca e banalizzata. La ricostruzione d’epoca è molto buona, senza che le scenografie e i costumi soffochino azioni, narazioni e personaggi, che restano, loro sì, sempre il fuoco del racconto. Dialoghi sciolti, svelti e senza smancerie. Una certa allegra impudenza, soprattutto nella prima parte. Regia non paludata e paludosa, che cerca di togliere la polvere, e ci riesce, sulla scia di quei period movies che negli ultimi anni han cercato di rivitalizzare il genere, penso a Bright Star di Jan Campion, di cui troviamo qui qualche eco (senza ovviamente il polso e la caratura autoriale di Jane Campion), e il danese A Royal Affair che, presentato proprio qui alla Berlinale due anni fa, vinse ben due premi e ha fatto poi una bella carriera internazionale (Italia a parte, l’unico paese in cui ha floppato). Non so se mai arriverà da noi, questo Die geliebten Schwestern, nel caso cercate di intercettarlo, è buon intrattenimento. Scena memorabile, lo storico incontro a Weimar, sulla riva del fiume, tra Schiller e il gran Goethe appena tornato dal suo viaggio in Italia, evento circondato da un tifo e da una curiosità popolare come oggi si riserva alle rockstar, ai calciatori e ai divi della tv. Sì, c’è stato un tempo in questo continente in cui poeti, tragedi e scrittori erano delle popstar.
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