Zwischen Welten (Inbetween Worlds – Tra due mondi), un film di Feo Aladag. Con Ronald Zehrfeld, Mohsin Ahmady, Saida Barmaki, Abdul Salam Yosofzai, Burghart Klaußner, Felix Kramer.
Ormai manchiamo solo noi. Nessun film, al momento, sulla missione italiana in Afghnistan. I tedeschi invece han fatto la loro parte (cinematografica) raccontando e un po’ celebrando patriotticamente, ma senza iattanza né troppe fanfare ché non sta bene, con questo Zwischen Welten i loro soldati in quella parte complicata di mondo. Intervenuti, come noi del resto, nella missione sotto egida Nato che ha preso il nome di Isaf (approvata da una risoluzione Onu, sarà il caso di ricordare). Ai teutonici è stata affidata una delle zone più toste, quella di Kandahar, terra pashtun e santuario dei talibani. Vediamo il bravo soldato Jesper (che ha la faccia piaciona e irresistibile di uno dei massimi divi tedeschi, Ronald Zehrfeld) il quale, nonostante abbia perso proprio lì l’amato fratello in un’imboscata, ha deciso di non tirarsi indietro e di andare pure lui in zona di guerra a fare il dovere suo. Gli danno un pugno di uomini e lo mandano a sorvegliare un villaggio fuori Kandahar rimasto senza protezione e diventato bersaglio dei talibani. La coesistenza con il capo del villaggio non sarà per niente facile, si dovranno fare i conti con le tradizioni etniche e un mondo culturale e anche mentale assai distante dalla patria Germania. Serve un traduttore, che faccia anche da ponte tra i due mondi, ed ecco farsi avanti Tarik, sveglio ragazzo che sogna un Afghanistan normale, una vita normale, che non ne può più di quella guerra che gli ha già portato via il padre. Ha una sorella, il buon Tarik, cui lui vuole assicurare il migliore futuro possibile. Ma il lavoro con i soldati tedeschi lo espone ad accuse di collaborazionismo, cominciano le minacce e gli avvertimenti, e la situazione, per loro due, ma anche per la pattuglia capitanata da Jesper, si surriscalderà parecchio. Un film convenzionale, con una storia convenzionale e didascalica, con personaggi-manichino che non vivono mai di vita propria ma solo in funzione del messaggio che devono veicolare. Con un linguaggio cinematografico medio e vecchiotto, anche nelle scene d’azione. Anche, se vogliamo, un film di propaganda pro-missione in Afghanistan. Tutti motivi che avrebbero dovuto sconsigliare i selezionatori dal presentarlo alla Berlinale, non proprio la sede più adatta per un prodotto così mainstream. Però vederlo non è stata una perdita di tempo. Zwischen Welten è di quei prodotti interessanti per motivi extrafilmici, per ciò che dicono o solo mostrano tra le righe. Ad esempio: l’evidente assurdità della missione in Afghanistan che non sta tanto, come vorrebbero le anime belle, nel suo peccato di neoimperialismo, ma nell’assoluta mancanza di chiarezza sugli obiettivi, e soprattutto sui modi, le famose regole di ingaggio. Le quali altro non sono che restrizioni a volte asfissianti. Il drappello di soldati tedeschi sperduto nel semideserto afghano, in un villaggio sordamente ostile, e in attesa di un attacco talibano che non si sa quando e se arriverà, vivono in una sospensione da deserto dei tartari: logorati dall’attesa, ma anche dall’opacità e dalla burocratica complicazione delle regole d’ingaggio, sicché non possono far questo e non possono far quello, e prima di sparare o intraprendere un’azione devono chiamare il capo supremo per sapere se è loro concesso o no. Chiaro che il capo dei capi non vuole grane e polemiche sui media e tende a smorzare, sopire, rimuovere i problemi, e a bloccare ogni possibile intervento. Sicché a furia di esitare e prendere tempo e valutare col bilancino mentre gli altri dall’altra parte sparano duro e basta, è chiaro che finirà in tragedia. Un film cinematograficamente mediocre, ma interessante per come ci mostra cosa sia diventato oggi l’Occidente, riluttante (e ipocrita) a far la guerra anche quando ci si trova ufficialmente in mezzo.
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