Malombra, Cielo, ore 1,05.
Trasmesso di notte, come si conviene a un film ormai sepolto, un film-samizdat al limite della clandestinità. Chi se lo ricorda più se non qualche cinefilo estremo? Chi mai oggi si sta a guardare questo meraviglioso bianco e nero che nel 1942 il regista-scrittore (più un’infinità di altre cose) Mario Soldati trasse da un fosco romanzo di Antonio Fogazzaro? Un gotico all’italiana, genere non proprio rigoglioso nella nostra letteratura soprattutto ottocentesca, che nelle mani di Soldati diventa un film di impressionante rigore formale. Chiamarono il suo cinema, e quello di altri autori come Poggioli, calligrafico, a indicarne il prevalere dell’aspetto estetico, e da allora quell’etichetta si è attaccata anche a questo Malombra (e a Piccolo mondo antico, sempre di Soldati, sempre da Fogazzaro) come una maledizione, mettendo in ombra altri meriti, come la perfezione della macchina narrativa. In una villa su un plumbeo lago dell’Italia del Nord (il Lago di Como, probabilmente, ma le atmosfere sono anche quelle più cupe del Lago di Lugano ramo Valsolda) la contessa Marina di Malombra si convince di essere la reincarnazione di una sua ava morta suicida. Storia di follia e possessione, che gioca con i demoni della mente e dell’anima come poche volte nel cinema e nella letteratura di casa nostra. Soldati impagina magnificamente questa storia, comunicandoci tutto il senso di mistero e di terrore. Film notturno, di paure e di fantasmi, di candele e torce che fiammeggiano al vento, di luci fioche che lasciano presto il posto al buio, di immensi saloni vuoti e densi di minaccia, di scale di marmo, soffitte polverose, tempeste ululanti. Isa Miranda, grandissima, anomala attrice Garbo-esque dalla faccia cosmopolita, fa suo il personaggio in un furioso processo di immedesimazione (eppure Soldati avrebbe voluto Alida Valli, con cui aveva girato, Piccolo mondo antico). Film seminale, che fonda il nostro cinema del terrore. I grandi horror tra anni Cinquanta e Sessanta di Mario Bava e Riccardo Freda hanno in questo Malombra il loro capostipite e modello di riferimento. Un classico, ma davvero. Io lo amo molto.
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