Oltre il giardino, Iris, ore 23,33.
Di quei film che al loro tempo fecero il botto e poi, chissà perché, son finiti nel cono d’ombra, son sprofondati nell’oblio collettivo. Che li si potrebbe chiamare, in assonanza con i cold cases della cronacaccia nera (e della serialità tv), cold movies. Film freddi e spettrali da riesumare dagli archivi e cui insufflare nuova vita. Da rivedere, questo Oltre il giardino del 1980 (in originale più incisivamente Being There, Esserci), per vedere l’effetto che fa. La penultima interpretazione di Peter Sellers, che lo portò alle soglie dell’Oscar, e ce lo fa rimpiangere ancora oggi. Trama quasi irraccontabile, da un libro del polacco-americano di radici ebraiche Jerzy Kosinsky, la cui vita fu complicata e perfino romanzesca, e finì in suicidio. C’è qualcosa, forse molto, della cultura e delle narrazioni yiddish in questa storia con al centro un uomo dolcemente folle, fuori dal mondo, che oggi definiremmo autistico, apparentabile alla figura della tradizione ebraica centro- ed est-europea dello schlemiel. Un giardiniere di nome Chance, un bambino eterno, un folle di Dio, dopo la morte del padrone che l’ha preso con sé e protetto, è obbligato a uscire da quella casa dove ha sempre vissuto. Si inoltrerà nel mondo e comincerà la sua incredibile avventura. Salvato e raccolto, come un cane randagio, dalla moglie di un influente uomo politico (siamo a Washington), diventerà inconsapevolmente una sorte di guru, di sfinge, di oracolo per la corte della capitale che scambierà le sue surreali parole, i suoi commenti-non commenti svagati, per preziosi tesori sapienzali. Per acute e profondissime metafore e trivellazioni del reale. Cosa mai ci voleva dire Kosinski? Perché è chiaro che il messaggio c’era, c’è. Being There è una parabola, forse, sul potere della perfetta idiozia, o sull’ottusità del potere che scambia il nulla per il tutto ed è sempre pronto a fabbricare nuovi idoli. O sull’innocenza più forte di ogni astuzia e arroganza. O sulla santità. Certo non si dimentica Peter Sellers che fa suo Chance e nello stesso tempo ci si identifica in toto, in una mimesi impressionante, in un abbattimento di ogni barriera tra persona e personaggio. Che è quanto ci ha sempre turbato e continua a turbarci in lui quando lo rivediamo sullo schermo piccolo o grande. Regia di Hal Ashby, uno dei nomi-guida della New Hollywood anni Settanta celebrata lo scorso novembre al Torino Film Festival con una molto vasta e amata dal pubblico retrospettiva. Il regista, per dire, di L’ultima corvée, Harold e Maude e Tornando a casa. Con Sellers ci sono Shirley McLaine e il glorioso Melvyn Douglas, uno che veniva dalla Golden Hollywod dei Lubitsch e dei Borzage, e che per Oltre il giardino avrebbe poi vinto l’Oscar come best supporting actor.
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Una risposta a Un grande film dimenticato stasera sulla tv in chiaro: OLTRE IL GIARDINO (mart. 25 marzo 2014)