I migliori film di stasera (ven. 18 apr. 2014) sulla tv in chiaro

The Lady, Rai 3, ore 21,08.
84342_galLa Rai bernabeiana pedagogico-cattolica di qualche decennio fa il venerdì santo mandava in onda film connessi alla vita e soprattutto alla pasisone di Cristo. Adesso, in tempi secolarizzati, sì di devozione diffusa a Papa Francesco ma in realtà di strisciante de-cristianizzazione, si riempiono i palinsesti di storie edificanti, di santi per così dire laici. Come Aung San Suu Kyi, la birmana premio Nopel la cui storia personale e pubblica viene accuratamente ricostruita in questo biopbic prodotto e diretto tre anni fa da Luc Besson. Il quale, dopo innumervoli successo del genere action-noir-fantastico ha voluto buttarsi sull’engagement, uasi a voler nobilitare il proprio cinema, e gli è andata male. Il film, per quanto dignitosissimo pur nel suo evidente e forse necessario agiografismo,  e nonostante la fama di Aung Sang Suu Kyi e l’ammirazione globale di cui è circondata, è stato un colossale flop su tutti i mercati. Però una visione televisiva se lo merita. Aung San Suu Kyi, figlia del leader birmano della decolonizzazione ucciso dai suoi oppositori politici. Lei, sposata a una docente inglese e dunque esule dal suo paese. Lei che rientra in Birmania e si ritrova intrappolata dal regime, impossibilitata ad uscire. Lei che si mette alla testa del dissenso anti-generali al potere. Senza tacere le fratture tra lei e i figli rimasti in Inghilterra, cui Aung rinuncia per potere restare in Birmania a condurre la sua battaglia politica. Una lacerazione che non conscevamo e di cui il film rende conto, ed è la parte di gran lunga più interessante. Con Michelle Yeoh, assai somigliante all’originale, e David Thewlis quale devoto marito britannico.

Hollywood Homicide, Iris, ore 21,10.
Clssico film con classica coppia di poliziotti stranamente assortita e in perenne conflitto interno. Al solito, qui c’è un navigato, anche troppo, agente (Harison Ford) e un giovanotto (Josgh Hartnett), narciso e attratto dallo showbiz, costretti a collaborare intorno alle minacce di morte ricevute da una band rap. Del 2003. Non è stato un gran successo, ma è ampiamente vedibile.

Anija la nave, Rai 5, ore 21,15.
Documentario di due anni fa che ha fatto il giro di parecchi festival e che ricostruisce gli anni dei grandi sbarchi albanesi – siamo nel decennio dei Novanta – sulle coste adriatiche, in particolare pugliesi. Navi all’ultimo stadio, motoscafi, gommoni, tutti stracolmi di uomini donne bambini in fuga dall’Albania post comunista e desiderosi di raggiungere l’Italia, Eldorado sognato e conosciuto attraverso la tv. Anija, del regsta albanese Roland Sejko, interroga persone che quella traversata l’hanno voluta, preparata, realizzata. Ricostruendone le ragioni e i fatti. Ricordando anche la tragedia di chi nell’Adriatico ci è finito sepolto. Una stagione, una storia, e un’epopea, che diventarono la materia narrativa di un capolavoro di Gianni Amelio, Lamerica.

Black Dahlia, Rai Movie, ore 21,15.
Film del 2006, ma sembra passato un’infinità di tempo, di Brian De Palma, tratto da uno dei migliori libri di James Ellroy. Sembrava ci fossero tutti gli ingredienti per un risultato altissimo, che invece non arrivò. Doveva anche essere pèer la protagonista Scarlett Johansson la consacrazione a superdiva dopo il successo a sorpresa di Lost in Translation, ma l’operazione non riuscì. Però De Palma è quel maestro che sappiamo, merita di essere visto anche quando non ci azzecca (gli errori dei talentuosi sono sempre più interessanti delle cose ben fatte dei mediocri). Per lui, l’ennesima perfomance di manierismo e citazionismo, con tutti i grandi noir anni Quaranta rivisitati con amore cinefilo. Los Angeles, 1947, due poliziotti già pugili indagano sul misterioso omicidio di una ragazza chiamata Dalia nera. Sarà un viaggio nelle fogne di Hollywod Babilonia, tra peccati privati e pubbliche ipocrisie. Avidità, corruzione. Incroci lesbici. Josh Hartnett (temo una promessa mai mantenuta davvero) e Aaron Eckhart sono i due sbirri.

7 giorni all’Havana, La Effe, ore 21,10.
L’Avana oggi raccontata in sette episodi diretti da altrettanti registi, compresi Benicio Del Toro, Laurent Cantet e quel gran talento di Gaspar Noé. Visti i nomi in ballo, ci si aspettava qualcosa di molto buono. Invece no. Tranne qualche eccezione (l’episodio di Elia Suleiman ad esempio) il film non riesce a smarcarsi dal pittoresco. Cartoline dall’Avana fatte di cliché, popolate da belle ragazze in vendita e da gente che balla canta, balla e suona ed è animata da una carica vitale inesauribile. L’Avana come nuova Napoli. Critiche al regime? Sì, qualcosa c’è, però, insomma. (Recensione completa)

Il concerto, la7d, ore 23,05.
Dopo aver visto il suo ultimo La sorgente dell’amore, insopportabilmente politically correct, predicatorio e veterofemminista (è la solita storia di Lisistrata e relativo sciopero dell’amore, però trasportata ai giorni nostri in un ovviamente maschilista villaggio arabo da qualche parte del Nord Africa), verrebbe voglia di scappare di fronte al cinema di Radu Mihaileanu. Ci si chiede anche se le lodi degli anni passati per Train de vie, che lo rivelò in tutto il mondo, e per questo Il concerto non siano state malamente spese, e troppo affrettatamente. Bisogna riconoscere però che si tratta dei due film in cui l’ebreo di origine rumena Mihaileanu, oggi viaggiante tra Francia e Israele, ha dato il suo meglio, raccontando di mondi a lui vicini e non estranei come quello di La sorgente dell’amore, mondi che conosce assai bene in cui gli ebrei sono minoranza perseguitata o mal sopportata e devono arrangiarsi per la sopravvivenza. Sia in Train de vie che in Il concerto ci sono i temi della della simulazione e della messinscena, e anche della beffa (che erano già nel mirabile To Be or Not To Be di Ernst Lubitsch, adesso al cinema in versione restaurata e rimasterizzata): nel primo gli abitanti di uno shetl ebraico riescono a sfuggire alla deportazione nei lager spacciandosi per i loro persecutori nazisti in una geniale recita collettiva a parti rovesciate, nel secondo ci si sposta ai tempi dell’Unione sovietica, ma con toni analoghi. Un musicista, fatto fuori molti anni prima dall’ensemble del Bolshoi come altri trenta colleghi in quanto ebreo, e ormai ridottosi a uomo delle pulizie, intercetta un invito a Parigi per l’Orchestra di cui faceva parte. Chiama a raccolta gli amici di un tempo che, con lui direttore, si spacceranno per l’orchestra del teatro. Naturalmente a Parigi sarà un trionfo. Un film di immenso successo dappertutto, caricato di premi in Europa e America. Una storia perfettamente congegnata, anche se abbastanza prevedibile, che si lascia seguire senza troppa noia. Un altro successo per la Mélanie Laurent di Inglorious Basterds. Meglio che Mihaileanu torni a film così e lasci stare i manifesti emancipazionisti.

I ragazzi del Marais
, la7d, ore 21,10.
Un film francese del 1999 diretto da Jean Becker, figlio dello Jacques di Casco d’oro e Il buco. Negli anni Trenta, l’amicizia tra due uomini in una zona incontaminata intorno alla Loira, il Marais. Con André Dussolier, Michel Serrault e Isabelle Carré.

La moglie del vescovo, Rete Capri, ore 21,00.
Gran commedia americana del 1947 con un formidabile trio d’attori, Cary Grant, David Niven e Loretta Young. Di quel genere un-angelo-tra-noi che ha sempre percorso carsicamente la storia del cinema, riaffiorando anche in tempi abbastanza diversi. Stavolta siamo nella provincia americana, dove un vescovo espiscopale sta dedicando tutte le sue energie al progetto della nuova cattedrale e, soprattutto, al tirar su i fondi necessari. Il fundraising era già allora attività stressante, sicché il nostro vescovo, prostrato dalla fatica, si rivolge in preghiera al cielo chiedendo un aiuto. Ecco palesarsi un angelone nelle fattezze di Cary Grant pronto a dare una mano al prelato (che è poi l’inappuntabile e un po’ inamidato David Niven) anche sul versante spirituale di guida dei fedeli, e pure in casa, dove i rapporti con moglie e figlia son messi a dura prova dal superimpegno del capofamiglia. Naturalmente l’angelo, di nome Dudley (e di cui solo il vescovo conosce l’identità), conquisterà tutti i parrocchiani e risolverà miracolisticamente problemi e problemucci. Dirige Henry Koster. Un incanto, ecco. Una commedia di produzione Samuel Goldwyn e dunque con la perfezione del marchio MGM. Tra gli sceneggiatori c’è Billy Wilder, ed è una garanzia. Vedibile ancora oggi con il massimo godimento.

Hereafter
, Rete 4, ore 21,10.
Il leonino Clint Eastwood stavolta affronta il tabù di tutti i tabù, la morte. Peccato che la storia non lo aiuti e scada in un kitsch new-age che neanche il tocco di Eastwood riesce a riscattare. Restano però dei momenti magnifici (quando il regista si interessa più all’al di qua che all’al di là dei suoi personaggi) e la già celebre sequenza dello tsunami. (Recensione completa)

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