Le fate ignoranti, La5, ore 21,10.
Il film del 2001 che lancia definitivamente Ferzan Ozpetek tra gli autori-star del nostro cinema, tra i pochi nomi extra-commedia in grado di attirare consistenti numeri di spettatori al cinema (soprattutto donne). È anche, Le fate ignoranti, la messa a punto del sistema Ozpetek, o modello, o paradigma, una formula riconoscibile e riproducibile che poi il regista replicherà molte volte, almeno fino al penultimo e scarsamente riuscito Magnifica presenza. Qualcosa che ha per sfondo una Roma molto materna e molto accogliente tra il popolare e lo chic intellettuale-borghese entro la quale si muovono personaggi mossi da domande e dubbi esistenziali, e dove l’omosessualità – sempre ammodo e mai sguaiata – è una piccola bohème esistenziale capace di condensare su di sè un nuovo romanticismo. Margherita Buy è una dottoressa specializzata in Aids-terapia che si ritrova di colpo vedova causa incidente che le porta via il marito. Indagando sulla vita di lui (come la Juliette Binoche di Film blu di Kieslowski, pare modello di riferimento di questo film) scoprirà la sua vita sessuale parallela. Non si tratta però di un’amante segreta, ma di un amante, senza apostrofo, un maschio, un giovane fruttivendolo (Stefano Accorsi). Qui, come sempre e più che mai, Ozpetek tratta con tocco lieve fino all’insussistenza, fino all’evanescenza, temi complicati, li sfiora stemperandoli, ammorboidendoli, depotenziandoli, impedendo loro di arrivare a un punto critico, a un qualsivoglia punto di ebollizione e rottura. Tutto è trattenuto e ovattato in Ozpetek, nel suo universo filmico senza angoli e asperità. Un universo che, l’ho già scritto molte volte, a me non piace.
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