A Hard Day’s Night, con i Beatles. Un film di Richard Lester, 1964.
Alla pagina di Nexo Digital l’elenco delle sale.
Meraviglioso. A cinquant’anni dalla sua prima uscita – e fu un successo sbalorditivo – è tornato in sala per poco (oggi è l’ultimo giorno purtroppo) il film di Richard Lester che consacrò il mito Beatles, allora reduci dal trionfale tour americano. Quello che aveva spinto la stampa a parlare di British Invasion. Fate conto un musicarello di genio e di lusso, con le canzoni dell’album dello stesso nome (però quella del titolo fu composta apposta per il film in poche ore da Paul McCartney e John Lennon). Un film anarchico, matto e dolcemente, soavemente ribelle: per i modi dei quattro favolosi, per i linguaggi del cinema adottati da Lester. Che manovra la macchina da presa con una libertà e un’allegrezza inaudite, pedinando e inseguendo i quattro pazzarielli per mezza Inghilterra. Avanguardismi e decostruzionismi che molto somigliano a quelli della coeva Nouvelle Vague dall’altra parte della Manica, però senza pensosità e pesantezze, e invece una mirabile freschezza che tutto e tutti contagia. Con echi colti del surrealismo e echi pop dello slapstick, della comicità catatonica di Buster Keaton come di quella devastante dei fratelli Marx. L’ho rivisto e ne sono rimasto incantato. Un bianco e nero smagliante, che ancora di più brilla grazie al restauro digitale. Il filo narrativo è esile e insieme robustissimo. I quattro devono percorrere l’Inghilterra per impegni vari, che culmineranno in una diretta per la televisione. Con loro il nonno mattocco e un bel po’ erotomane di Paul, più il manager e il tuttofare. Dappertutto folle, soprattutto ragazze, che vogliono toccare, baciare, travolgere i Fab Four, e loro costretti a scappare per sopravvivere a quella marea urlante. Tocchi con mano cosa sia stata la Beatlesmania. Poi c’è la musica, ovvio. Compresa And I Love Her. Sono ancora Beatles allo statu nascenti, le loro sembrano solo canzonette, ma la grandezza c’è già tutta. Correte, lo danno fino a stasera. Incredibilmente quello che ha più spazio di tutti nel film non è John Lennon (diciamolo, quello che se la tira di più dei quattro), e nemmeno Paul il bello, ma Ringo Starr, cui tocca la parte dell’idiot assai divertente e adorabile nella sua lunare goffaggine. Per tutti e quattro piccole e molto umane imperfezioni fisiche (la dentatura, ad esempio) che oggi a una superstar non sarebbero concesse.
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