La monaca del peccato, Cielo, ore23,20.
Non sapevo che uno dei nomi che han fatto l’erotico seriale italiano degli anni Settanta-Ottanta, Aristide Massaccesi, avesse girato pure lui un film tratto dal libello illuminista e pre-rivoluzione di Denid Diderot La religiosa. Storia, anzi storiaccia (quella di Diderot), di una ragazza aristocratica di nome Suzanne Simonin che per beghe di famiglia (la madre l’ha avuta illegittimamente) vien scagliata in convento a far la monaca contro la sua volontà. Ne subirà di ogni, prima da una superiora stronza e sadica, poi da un’altra assai più affettuosa, anzi troppo, difatti – lesbica scatenata – non vede l’ora di farsela. Una discesa nei peggiori gironi della religione ancien régime, secondo la visione illuministica del suo autore intossicatrice delle menti e nemica della libertà individuale. Anche, un j’accuse contro Roma, il papa, il papismo, i preti tutti, i frati, le monache, i conventi visti come sentina di ogni coercizione e abiezione, e di ogni turpitudine. Ecco, da questo materiale sovrabbondante e melodrammatico fu tratto da Jacques Rivette un film capitale della Nouvelle Vague, La religiosa, osteggiato in Italia dalla censura. Nel 2013 s’è visto poi alla Berlinale una nuova versione, molto austera, del romanzo di Diderot per opera di Guillaume Nicloux. Nel 1986 era toccato ad Aristide Massaccesi che, sotto lo pseudonimo di Dario Donati, aveva ripreso in mano il testo per cavarne un erotico conventuale anche qua e là piuttosto spinto inserendosi in quella Nunsploitation che aveva avuto il suo acme il decennio precedente con le sue sporcaccionerie di suore e frati (capostipiti La monaca di Monza di Eriprando Visconti e Interni di un convento di Borowicz, a seguire Le monache di Sant’Arcangelo, Storia di una monaca di clausura ecc.). Tutto finisce in corpi messi a nudo e esposti allo sguardo dello spettatore. Eva Grimaldi è la protagonista, il vicario bello è Gabriele Tinti.
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