Odio implacabile (Crossfire), Rete Capri, ore 21,00.
Da vedere, ma per davvero. Film americano del 1947 celebrato e molto premiato (pure a Cannes, ed era solo la seconda edizione del festival) firmato Edward Dmytryk che ibrida il noir di marca Rko con i germi del realismo inoculato nel cinema Usa e mondiale dalle esperienze rosselliniane. Film capitale, perché prende di petto un tema ultrasensibile – allora, e oggi più che mai – come l’antosemitismo, trattandolo nella forma e nei modi del racconto cinematografico ad alta sospensione. Sì, antisemitismo piaga anche di quell’America anni Quaranta ultrademocratica dove la presenza ebraica, alimentata ai primi del Novecento dalla grande fuga dai pogrom della Russia zarista, era assai cospicua (e basti leggere il fondamentale Il complotto contro l’America di Philip Roth per rendersi conto di quanto fosse radicato negli Usa il pregiudizio antiebraico). Un uomo di nome Joseph Samuels vien trovato ammazzato a casa sua. Chi è stato? E perché ha ucciso? La polizia indaga, e subito l’attenzione si focalizza su tre freschi reduci di guerra con cui la vittima quella notte si era intrattenuta in un bar. Si sospetta di uno dei tre, ma un amico ne prende le difese assicurando la propria collaborazione alla polizia perché il vero colpevole venga scoperto. E si lo si scoprirà. Movente: l’odio per gli ebrei ritenuti nella psiche distorta dell’assssino “tutti imboscati e imbroglioni”. Edward Dmytryck conduce la narrazione con mano fermissima e un solido senso della messinsena e dello spettacolo. Da rivalutare. Interessante ricordare come nel libro da cui il film è tratto (scritto da quel Richard Brooks che a sua volta si darà alla regia cinematoigrafica con cose notevolissime) la vittima sia un omosessuale, solo che allora il codice Hays non permetteva, e la si trasformò in israelita. Con Robert Mitchum, Robert Ryan, e Robert Young. Più Gloria Grahame.
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