Cella 211, Rai 4, ore 0,54.
Quando l’ho visto qualche enno fa – era a Milano, a una rassegna dei film di Venezia -, son rimasto (favorevolmente) sorpreso, e come me parte del pubblico. Un prison movie perfetto, adrenalinico, tesissimo, tirato come pochi, pieno di colpi di scena e rovesciamenti e torsioni. Il miglior carcerario da parecchi anni in qua insieme a Il profeta di Jacques Audiard, cui molto assomiglia essendo entrambi parabole sull’uomo qualunque e senza qualità che la permanenza dietro le sbarre trasforma in creatura darwiniana pronta a tutto e capace di tutto per sopravvivere. Produzione venuta dalla Spagna, questo Cella 211, che negli anni Duemila ha dimostrato di saperci fare con il cinema di genere – quel cinema di genere che fino agli anni Settanta era cosa nostra -, soprattutto con l’horror. Un secondino appena assunto viene portato dai colleghi a fare un giro perlustrativo all’interno di un carcere di massima sicurezza, con dei ceffi che te li raccomando, uno più selvaggio dell’altro. Resta ferito alla testa per uno stupido incidente, e viene messo temporaneamente in una cella vuota, la 211, in attesa che arrivino i soccorsi. Ma proprio in quel momento scoppia la rivolta, e al povero Juan non resta che fingere di essere un detenuto neoarrivato, ché se sanno che è un secondino lo sbudellano seduta stante. Incomincia la finzione, che diventerà sempre più credibile, fino ad assumere i contorni di una quasi-realtà. L’ingenuo Juan si dimostra di un’astuzia demoniaca, diventa il più fido collaboratore del caporione della rivolta, il trucidissimo, baffuto e pelato e carismatico Malamadre (un nome che è una genialata). Costretto a fare il doppiogioco con chi sta dentro e chi sta fuori dal carcere, ci riesce oltre ogni immaginazione. Grande recita tra realtà e simulazione, un Pirandello sanguinolento e barbaro, con slittamenti sottili nel surrealismo di tradizione iberica. Dirige con ritmo e mestiere Daniel Monzon. Si resta col fiato sospeso fino all’epilogo, come poche volte è capitato con un film degli ultimi anni. Io lo amo alla follia. Pioggia di Goya, gli Oscar spagnoli. S’è parlato subito di un remake americano di cui poi si son perse le tracce.
CERCA UN FILM
ISCRIVITI AI POST VIA MAIL
-
-
ARTICOLI RECENTI
- In sala. PATAGONIA, un film di Simone Bozzelli (recensione). Storia di Yuri e Ago
- In sala. IL GRANDE CARRO, un film di Philippe Garrel (recensione). Premio per la migliore regia alla Berlinale 2023
- Venezia 80. EVIL DOES NOT EXIST (Il male non esiste) di Ryusuke Hamaguchi – recensione
- Venezia 80. GREEN BORDER di Agnieszka Holland (recensione): crisi umanitaria ai confini dell’Ue
- Venezia 80. Chi vincerà come migliore attrice/attore? Questi i favoriti
Iscriviti al blog tramite email