Un film raro stasera sulla tv in chiaro: IL VALZER DELL’IMPERATORE di Billy Wilder (sab. 1 nov. 2014)

Il valzer dell’imperatore, Rete Capri, ore 23,00.
b213Un film minore di Billy Wilder, come dicono le enciclopedie del cinema? Ma vogliamo scherzare, non esistono film minori di grandi registi. Che anche quando non raggiungono il vertice lasciano sempre il segno del loro talento. In questo film di segni del talento di Wilder ce ne sono un’infinità, a partire dalla satira in apparenza bonaria e mascherata di frivolezze, e invece radicale e implacabile, delle convenzioni sociali e delle differenze di casta. Un film del 1948 in cui il réfugé viennese a Hollywood ritorna, almeno nella finzione cinemtaografica, nella sua Austria, ricostruita incantevolmente tutta in interni come si usava allora e di lì a poco non si sarebbe usato più. Fondali e cartapesta in gran quantità a ricreare il mondo perduto della Felix Austriae, quella a cavallo tra Otto e Novecento non ancora divorata dal moloch della grande guerra. Con una storia che sembra molto Lubitsch, il maestro riconosciuto di Wilder, e un bel po’ anche Von Stroheim, con quella fascinazione per le divise e i pennacchi e i rituali di corte. Anche, una storia in cui attraverso i protagonisti si rappresenta e metaforizza lo scontro, se non di civiltà certo di culture, tra il Vecchio e il Nuovo Mondo, l’America. Qui incarnata da un commesso viaggiatore del New Jersey che approda nella Vienna di Francesco Giuseppe con la ferma intenzione di vendere all’imperatore un grammofono, recente invenzione destinata a cambiare il mondo. Piazzandolo a palazzo, pensa l’astuto venditore, si aprirà il mercato di tutto l’impero, e saranno soldi. Virgil Smith, questo il suo nome, è accompagnato dal suo fedele cane Buttons, di determinato carattere il suo padrone. Faranno entrambi la conoscenza della contessa Johanna Augusta Franziska von Stolzenberg-Stolzenberg e del padre, il barone Holenia, mentre stanno festeggiando il lieto annunzio che la loro cagnetta Scheherezade è stata scelta da Francesco Giusppe per accopiarsi con il suo augusto cane. Ma incominciano i guai e gli imprevisti. Scheherezade piomba in una crisi depressiva, tant’è che la mandano a curarsi da un veterinario psicanalista, e l’ironia su Freud e il freudismo da parte del concittadino Wilder non è per niente casuale. È che la cagnetta si è innamorata del cane del commesso viaggiatore, ecco. Ma come si fa a sottrarla ai doveri imperiali che l’aspettano? E giù discussioni tra chi (i signori del palazzo) teme le commistioni razziali e le mésaillance, e chi (Virgil) invoca i diritti dell’amore. Per gli animali e per gli umani. Potete immaginare come andrà a finire. Un film che nelle sue cadenze di commedia mitteleuropea e di musical all’americana affronta con leggerezza la faccenda alquanto complicata e seria delle differenze sociali. E forse l’ebreo viennese Wilder ci ha messo dentro pure un qualcosa del suo passato (degli steccati che dividevano in quella Vienna pur felice gli israeliti dalla borghesia e dall’aristocrazia cristiane parla diffusamente Stefan Zweig in Il mondo perduto). Un film multistrato che, prendendo come titolo quello di uno dei più famosi valzer di Strauss, è si un omaggio all’Austria del passato, ma con sguardo fermo e senza consolatori paraocchi. Bing Crosby è Virgil, Joan Fontaine è la contessa, Richard Haydn è l’imperatore.

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