Io sono Tony Scott, ovvero come l’Italia fece fuori il più grande clarinettista del jazz, Rai 5, ore 21,12.
Documentario del 2010, passato anche da qualche festival, realizzato da un Franco Maresco senza più Daniele Ciprì. Ma l’oggetto indagato e rappresentato e messo in scena resta, ancora una volta, la Sicilia, la sua differenza genetica e antropologica, la sua eccellenza confinante con il degrado e la decadenza. Sicilia che qui ha la faccia e la vita di Anthony Joseph Sciacca detto Tony Scott, americano, però di famiglia originaria di Salemi, dove lui ritornerà nella tomba. Un talento naturale del jazz, un clarinettista della golden age di Charlie Parker e Billie Holiday, dalla vita scombinata e travagliata, roso dall’oscura ossessione di non veder riconosciuto il proprio genio. Tony Scott negli anni Sesanta approda in Italia, a Roma, dove finirà progressivamente nel cono d’ombra, ignorato se non maltrattato dalla critica musicale e addetti ai lavori vari. Morirà nel 2007. Il film di Maresco ricostruisce la sua parabola attraverso documenti d’epoca e incontri con chi lo ha conosciuto bene e gli è stato vicino. Come il titolo suggerisce, un j’accuse neanche tanto velato a questo paese che stenta a riconoscere il talento e il merito, e un inno alla sicilianitudine come differenza irriducibile alla medietà italiana.
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