Cous Cous di Abdellatif Kéchiche, Rai 5, ore 21,15.
Prima di La vie d’Adèle c’è stato, nella cinematografia e nella carriera del franco-tunisino (francese di origine tunisina) Abdellatif Kéchiche, questo Cous Cous. Che, presentato a Venezia nel 2007, sfiorò il Leone d’oro, ma poi si portò a casa solo il premio per la migliore regia, cosa che non piacque per niente al fumantino Kéchiche, e là ancora si ricordano il suo polemico discorso di non-ringraziamento. Cous Cous è in realtà il titolo italiano semplificato dell’originale La graine et le mulet (La semola e il cefalo), anche se poi non ne tradisce lo spirito né il tema. Commedia anche qua e là un po’ dramedy con al centro il nordafricano Slimane, emigrato da un bel po’ in terra di Francia e lavoratore presso un piccolo porto mediterraneo. Solo che la crisi morde, il lavoro non è più sicuro, sicché Slimane decide di fare il gran salto, aprire un ristorante di cucina araba su un barcone. Specialità cous cous e pesce, e a cucinarlo sarà la sua ex moglie. Tutto il clan, lui, l’attuale compagna, la figlia di lei, la ex e i figli, verranno coinvolti nell’impresa. Ma ci saranno imprevisti e impedimenti. Con un finale travolgente che tutto risolve e che è meglio non anticipare per chi non avesse mai visto il film. Il quale mostra tutta la capacità di Kéchiche di catturare la vita nel suo farsi e che mette definitivamente a punto il suo cinema, il modo e lo stile fatti di lunghe sequenze girate in tempo reale mentre gli attori sembrano improvvisare. Un incanto, che fece di Cous Cous un gran successo, il maggiore nella carriera del suo autore fino ovviamente alla Palma d’oro La vie d’Adèle. Memorabile la scena della danza del ventre. Non lo si può proprio perdere. Di massima godibilità. Kéchiche è un vero narratore, popolare nel senso più alto. Lungo, come sempre o quasi i suoi film: 151 minuti, ma ne vale la pena.
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