UNA FOLLE PASSIONE (recensione). E Jennifer Lawrence diventa dark lady: mutazione di una star

Una folle passione (Serena), un film di Susanne Bier. Con Jennifer Lawrence, Bradley Cooper, Rhys Ifans, Toby Jones, David Dencik. Da un romanzo di Ron Rash.
SerenaÈ arrivato finalmente in sala questo film rimasto misteriosamente in freezer per due anni, nonostanta le presenza della coppia regina Jennifer Lawrence-Beadley Cooper. Ed è un po’ meglio (un po’) della cattiva fama che l’ha preceduto. Un melodramma di ambizione, follia e sangue nell’America anni venti. Con una Jennifer Lawrence trasformata in dark lady, in una nuova Lady Macbeth. Tutto il contrario dell’eroina forte e pura di Hunger Games. Forse sta qui, nel rovesciamento-distruzione di un’icona di massa, il vero motivo per cui Una folle passione è rimasto secretato per tanto tempo e adesso non sta convincendo il pubblico. Voto 6 meno
????????????????????Finalmente l’abbiamo visto, questo film di cui si parlava, sparlava e fantasticava da un paio d’anni. Girato in America dalla scaltra, abile e oscarizzata (per il tremendo In un mondo migliore) danese Susanne Bier, però su sceneggiatura mica sua, contrariamente alle sue abitudini. Un melodramma tratto da un novel di gran successo e vendite di Ron Rash, e pure in costume d’epoca (siamo negli anni Venti nell’America boschiva e profonda del Nord Carolina), un genere pochissimo praticato dal cinema contemporaneo perché troppo costoso, e perché estraneo ai gusti e alla (sotto)cultura di spettatori adusi ai giocattoloni fantasy/sci-fi in CGI e apprezzabile ormai solo da una fascia sempre più minoritaria, quella delle spettatrici non giovanissime e non young adult, non proprio le frequentatrici dei multiplex, ecco. Li chiamavano polpettoni, adesso il fighettismo lessicale ha interdetto il termine, ma insomma ci siamo capiti, quella roba lì. Chissà se è per questo insieme di ragioni che Serena – tale il titolo in origine, e non si capisce il perché del cambiamento sul mercato italico – è stato tenuto in freezer dai suoi produttori nonostante fosse bell’e finito da un pezzo. Sempre atteso, almeno dal 2013, in tutti i festival – Berlino, Cannes, Venezia -, e mai pervenuto. Sicché ormai si pensava non sarebbe mai uscito. Un film clandestino e fantasmatico che ha finito con l’alimentare una leggenda dopo l’altro, più o meno nera, e voci incontrollate. Fa talmente schifo che si vergognano a farcelo vedere. I test col pubblico hanno dato esiti così disastrosi che non sanno come venirne fuori. E via ipotizzando e pure delirando e dietrologizzando. Poi, quando ormai lo si dava per desaparecido, ecco la prima mondiale un mese fa al London Film Festival, seguita a breve dalle uscite italiana e francese. Mentre in America non l’hanno ancora visto e si parla di un rilascio in sala solo nel 2015. Pensare che Una folle passione può contare su Jennifer Lawrence e Bradley Cooper, la coppia attoriale di maggior successo – per stima critica e incassi – degli ultimi tre anni con Il lato positivo e American Hustle. Uscito da noi l’altro weekend, Serena ha tirato su al botteghino una cifretta, roba da ridere a confronto di Interstellar e Dracula Untold, e la stampa e la rete l’han fatto a pezzi, adeguandosi alla pessima fama che lo ha scortato fin qui.  nvece – sarà che gli sconfitti e i maltrattati per pregiudizio, mi inteneriscono sempre – non l’ho trovato così abominevole. Un po’ vetusto, certo. Con parecchie cadute di tono e di stile, però meglio di come l’han dipinto. Lo dico io che pure non sopporto il cinema di Susanne Bier e il suo engagement ruffiano e politicamente correttissimo però pulp e morbosetto. ????????????????????Siamo nel pieno di un genere che fa parte della gloriosa tradizione hollywoodiano-americana, quello che mescola il capitalismo più rampante e selvaggio, gli animal spirits più sfrenati e incontrollati, l’avidità di soldi e potere, alla storie e alle tragedie private. Con ascese e repentine cadute, poveri che diventan ricchi e ricchi che diventan poveri, e personaggi malati più che di ambizione di titanismo, puntualmente travolti dal destino e puniti per la loro hybris. Film come L’orgoglio degli Amberson di Orson Welles, Il gigante di George Stevens, arrivando fino a Il petroliere di Paul Thomas Anderson. Da questi illustri modelli Una folle passione discende, ma ne è solo una pallida eco, una smorta copia, per responsabilità soprattutto di Susanne Bier che impagina correttamente e anche meglio del previsto, senza però mai un’idea forte e personale di cinema.
George Pemberton è un dinamico signorotto del legname con vasti possedimenti boschivi in North Carolina e promettenti investimenti in terreni brasiliani. Lavora duro, e fa lavorare duro tutta la sua squadra, mosso dalla voglia così Roaring Twenties, così Grande Gatsby (anche se in versione provinciale e rurale), di fare soldi e salire sempre più su nella scala sociale, dove peraltro è già ben piazzato. Finirà con l’innamorarsi al primo sguardo di Serena, giovane donna assai chiacchierata per il suo spirito indipendente e ribelle alle convenzioni, unica sopravvissuta di una famiglia morta in un incendio. Tra di loro è subito quell’alchimia che rende due una cosa sola, inesorabilmente cementati da una reciproca attrazione e dipendenza. Si sposano di lì a poco. E quando Serena arriva nella proprietà dei Pemberton fa capire subito di quale dura sostanza sia fatta. Dirige con nerbo le squadre dei tagliatori di alberi, addomestica un’aquila per farne una cacciatrice di serpenti a sonagli, prende in mano l’azienda emarginando sempre più il socio di George. Comanda, organizza, punisce. George ne è come ipnotizzato. Quando il socio diventerà una minaccia per lui, per lei, per la loro attività, quando nemici ben organizzati cercheranno di mettere i Pemberton alle corde, sarà Serena a prendere le decisioni che contano. E son decisioni sciagurate. Diventerà il vero motore della coppia, una Lady Macbeth pronta a fare dell’irresoluto marito lo strumento della propria ambizione. Assisteremo a una progressiva discesa agli inferi di coppia, con derive nella follia criminale. Con tanto di pazzo mistico e visionario che diventa il braccio armato di Serena per i suoi piani più loschi. Nulla ci viene risparmiato, c’è perfino la caccia a un bambino che richiama l’archetipo della strage degli inocenti. In una progressione drammaturgica assai bene orchestrata che, nei momenti migliori, avvince e coinvolge. Solo che c’è spazio anche per il peggio e per il brutto. Un eccesso di sentimentalismo (George su cavallo nero che insegue, abbacinato dalla sua figura, Serena su un cavallo bianco), un turgore da film muto (la scena della pazzia di lei che strappa le foto dell’abum di famiglia) che banalizzano il cuore duro e nero della storia. Gli autori, e la regista, non hanno mai il coraggio di andare fino al fondo torbido di questi nuovi Macbeth e Lady Macbeth, psicologizzando e addomesticando quella cosa che si chiama Male. Peccato, un’occasione buttata via. Anche perché Jennifer Lawrence è, come signora dell’intrigo e mente diabolica, semplicemente perfetta. Smagrita in modo impressionante (anche troppo), senza più il minimo piacionismo, trasforma la grinta e l’energia che le conoscevamo in forza oscura, finendo con l’assomigliare fisicamente, e in modo impressionante, a una della più grandi dark lady dello schermo, Barbara Stanwyck. Bradley Cooper è più che giusto nella sua parte di uomo-marionetta manovrato da una donna più tosta di lui. Ma forse sta proprio qui il motivo per cui Una folle passione è stato tenuto nascosto per un paio d’anni e, una volta uscito dalla ghiacciaia, non ha convinto il pubblico. Sta nella mutazione di Jennifer Lawrence, l’unica vera star femminile prodotta negli ultimi anni da Hollywood, stravolta e rovesciata rispetto alla sua immagine. Serena infrange definitivamente l’idolo young adult che è stato finora Jennifer Lawrence, trasformando l’eroina in creatura demoniaca. Un angelo caduto e infangato, ed è questo che si fatica ad accettare.

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