TorinoFilmFestival32 day by day. I 5 film che ho visto sabato 22 novembre

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Ogni maledetto Natale di Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre, Luca Vendruscolo. Festa mobile.
L’anti-cinepanettone viene dalla banda di Boris che si è rimessa insieme – stesso team registico, e un bel po’ di attori della serie tv – per un film natalizio che va giù pesante con la festa più stressante e fastidiosa, e delle volte disastrosa, che ci sia. Un bravo ragazzo sopravvissuto all’aggressione di un delinquente travestito da Santa Claus viene soccorso da una dolce signorina. Sarà subito amore, con tanto di invito da parte di lei a passare l’imminente Natale nella casa dei suoi, in campagna. Scoprirà che la famiglia è un clan di selvaggi da paura, gente che trascina il malcapitato in sanguinose cacce al cinghiale e bevute di grappa invecchiata in ampolle con vipera. Si ride, come no. La seconda parte è invece a casa di lui, il signorino, dunque casa vagamente torinese-agnellesca. Gli attori son gli stessi, ma mentre nel primo episodio facevano i buzzurrim, qui fanno gli altoborghesi. E si continua a ridere, soprattutto con il filippino di Corrado Guzzanti. Alessandro XFactor Cattelan è il promesso sposo, Alessandra Mastroianni la promessa. Più Mastandrea, Pannofino e una Morante burina che non ti aspetti. Voto 6+
It Follows di David Robert Mitchell. After Hours.
Horror alto e autoriale lanciato lo scorso maggio dalla scicchissima Semaine de la critique di Cannes. Dopo averne tanto sentito parlare l’ho finalmente visto qui a Torino, e devo dire che It Follows mantiene solo in parte le promesse. Una ragazza al suo primo rapporto sessuale contrae non un virus, ma una maledizione, per cui sarà perseguitata da misteriose entità che la vogliono uccidere. Il binomio iniziazione sessuale e horror l’aveva già esplorato Stephen King in Carrie lo sguardo di Satana, di cui It Follows è una derivazione. Il regista ripudia gli effettacci e ci serve un horror assai elegante che tende allo psycho-thriller autoriale, con scene visualmente nobili. Ma il film, pur buono, morde poco. Voto tra il 6 e il 7 (di stima)
Violet di Bas Devos. Torino 32 (Concorso)

Violet

Violet

Uno dei film più irritanti del concorso. Olanda, oggi. Un teenager assiste a un omicidio da parte di due ragazzi poco più grandi di lui. Violet dovrebbe esplorare l’impatto dell’evento sul giovane protagonista, ma, sposando la più estrema antinarratività, si limita a mostrare fattualmente pezzi della sua vita del dopo-delitto senza comunicarci niente. Siamo al grado zero del racconto. Il regista, che immagino giovane, mescola abilissimamente vari linguaggi visuali, termina con un piano sequenza d’alta scuola. Ma pecca di snobismo, allineandosi a coloro che ritengono assai volgare e cheap una narrazione comprensibile. Esasperante. Voto 3
Updating a giovedì 27 novembre. Capita ogni tanto che un film cresca nella tua memoria. Ecco, mi sta succedendo con Violet. Il quale, nonostante la sua urtante antinarratività, si sta rivelando a distanza di qualche giorno uno dei film del concorso dall’impronta stilistica più marcata, e film dotato di un’idea e una visione di cinema assai originali (nonostante i molti debiti contratti con Gus Van Sant). Un’opera di un ragazzo di talento per ora malato di narcisismo autoriale. Ma se ce la fa a liberarsi di molte scorie, Bas Devos potrebbe riservarci in futuro grosse sorprese. Nuovo voto: tra 6 e il 7
Wir Waren Könige/ The Kings Surrender di Philipp Leinemann. Toino 32 (Concorso)
Un buon poliziesco tedesco, ruvido e cattivo al punto giusto. Con una squadra di poliziotti in prima linea, due bande diversamente etniche tra loro opposte, un tredicenne di famiglia turca con troppa fretta di divetare grande. Ci saranno dei morti, si scoperchieranno verminai. Buono, come no. Ma non così speciale da meritarsi un festival. Voto tra il 5 e il 6
Magic in the Moonlight di Woody Allen. Festa mobile
Non così brutto come molti hanno scritto. Un medio Woody Allen, ecco. Ben scritto, ben girato, elegantemente inmpaginato, con i soliti atori woodyallenianmente perfetti. Però monocorde e abbastanza tedioso. Un illusionista viene chiamato in una villa in Costa Azzurra (siamo negli anni Venti) a smascherare una giovane medium americana. Ma cadrà innamorato di lei. Tutto giocato sull’opposizione tra razionalità e spiritualismo, ragione e fede (o credulità). Che è anche, qui, opposizione tra maschile e femminile. Mancano stavolta, a parte la vecchia zia, i magnifici personaggi collaterali cui il regista ci ha abituati. Privo di complessità e vera profondità. Vedibile. Voto 6 e mezzo

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