Félix & Meira, un film di Maxime Giroux. Con Hadas Yaron, Martin Dubreuil, Luzer Twersky, Anne-Elisabeth Bossé, Melissa Weisz. Torino 32 (Concorso)
Montréal. Félix è uno sfaccendato di buona famiglia (e di buon carattere), Meira appartiene alla comunità ebraico-hassidica ed è incapsulata nel suo doppio ruolo di moglie-madre. Ma capita che si incontrino, che si innamorino: le loro vite ne verranno ribaltate. Una storia che rifugge dai toni melodrammatici. Un film sommesso e discreto. Voto 6 e mezzo
Un melodramma trattenuto, una dramma romantico che mette a confronto e in conflitto, e in amore, un uomo e una donna di mondi diversi e separati. Siamo a Montréal. Meira fa parte della comunità ebreo-ortodossa degli Hasidim, è sposata a un uomo pio ma anche assai rigido, ha una bambina. Ma i suoi spazi di libertà sono assai ristretti, anzi la sua sfera individuale sembra non avere spazio, le regole del suo gruppo prevedono per lei, donna, il ruolo di moglie, madre, custode della casa, sostegno del marito. Ogni percorso emancipativo come lo si è inteso negli ultimi decenni nel laico Occidente le è precluso, perfino la musica è bandita come sconveniente e potenziale veicolo di immoralità. Si sente in gabbia, Meira, anche se non sa dare contorni precisi al suo desiderio di evasione. Il caso la fa incontrare un giorno, per strada, con un goy di nome Félix, un nullafacente assai dandy e assai coltivato con pessimi anzi inesistenti rapporti col padre. Padre molto malato che di lì a poco morirà. Succede che i due comincino una storia, anche se tutto è contro di loro. Soprattutto l’ambiente in cui lei è incapsulata. L’incontro ribalterà comunque le loro vite. Non ci si aspettino però accensioni passionali, furori e drammi. Il regista sceglie più la strada del’intimismo che quel del mélo fiammeggiante, sottrae, depura, depotenzia, minimalizza, raffredda. Perfino la reazione del marito di lei, dopo il trauma iniziale, sarà massimaente composta (e la scena in cui chiede a Félix di occuparsi di Meira e renderla felice è tra le cose più belle del film). Con un finale che, privo com’è di ogni estroversione di sentimenti, sembra aperto a più di una possibilità. Un film del non detto che mostra la superficie ma lascia solo intuire quello che si agita nel profondo. Una storia d’amore potente, e però raccontata per ellissi e sottrazioni, fino a renderla impalpabile. Qualche scena discutibile, come il travestimento hassidico di Félix per infltrarsi nella comunità e raggiungere Meira, dal sapore un po’ troppo pochadistico. Anche la descrizione della comunità chiusa non evita qualche stereotipo. Però il film è decoroso e in un concorso che ha riservato parecchie delusioni e bufale fa la sua figura. La protagonista Hadas Yaron l’avevamo già vista a Venezia nel film israeliano La sposa promessa, dove anche lì interpretava una ragazza di una comunità ultraortodossa. Il rischio a questo punto è che resti ingabbiata nello stesso personaggio.
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