Aspettando che stasera vengano comunicati i vincitori ufficiali dei film del concorso di questo TFF32, ecco intanto arrivati i premi colaterali. La lista completa, con tanto di motivazioni, la trovate a questa pagina del sito del Festival. Segnalo però i due premi, tra i più importanti, che sono andarti allo stesso film, la commedia unghrese asai divertente e assai acuta For Some Inexplicable Reason: il premio Scuola Holden (assegnato da una giuria composta di allievi dela scuola) e il premio Achille Valdata (assegnato da 10 kettori di Torino Sette). Niente da dire, è tra le cose migliori passate al concorso. Ripubblico la recensione.

‘For Some Inexplicable Reason’
For Some Inexplicable Reason di Gabor Reisz. Torino 32 (Concorso). Voto 7
Alla fine della proiezione stampa è scattato un applauso liberatorio. Finalmente dal concorso un film divertente, dopo tanto penare e soffrire con cose anoressiche e penitenziali tipo Frastuono o As You Were. Commedia giovane, e racconto di passaggio di un giovane uomo che non ce la fa a diventare adulto, proveniente a sorpresa dall’Ungheria, da una Budapest bellissima città-madre che protegge e intrappola i suoi amati figli. Si parte benissimo, con il protagonista Aaron, anni 29, una laurea in storia del cinema, niente lavoro, e una ragazza che l’ha appena lasciato, che simula la morte improvvisa lasciandosi cadere a terra nei luoghi più disparati. Un esorcismo che è anche un’introduzione al personaggio assai inventiva. Faremo man mano conoscenza delle sue esitazioni, delle sue goffaggini da nerd in rapida evoluzione verso il loser, delle sue ostinazioni, perché alla sua vita da sconfitto Aaron è affezionato. Sabotando ogni tentativo della iperportettiva madre di trovargli una sistemazione. Gli controllano sul tram il biglietto, e lui subito perde la testa per la controllora, una ragazza molto carina che pedinerà fino a sfiorare lo stalking. Intorno un coro di figure e figurette di amici assai ben delineati e assortiti, e che insieme ci dicono anche molto dell’Ungheria di oggi, con i suoi miti di arricchimento veloce e le sue sacche di sotto- e in-occupazione. Ritratto di uno sfigato di molto talento che però non riesce a trovare il suo posto nel mondo. Dialoghi assai witty. Con, a mio parere, parecchia linfa proveniente dal grande serbatoio dell’umorismo yiddish centroeuropeo, o da quel che ne è rimasto. Aaron non è poi così lontano dal Woody Allen imbranatissimo dei primi film. Onore al regista Gabor Reisz e all’attore Áron Ferenczik. Il film perde mordente nell’ultima parte, con l’inutile viaggio a Lisbona e un finalino un po’ troppo consolatorio. Ma avercene. Ben posizionato per un premio.