Concorrenza sleale, Iris, ore 21,00.
Il film più interessante che ci abbia dato Ettore Scola nella fase matura della sua carriera. Del 2001, Concorrenza leale arriva quando ormai sono lontani i massimi successi del regista, e pare incongruo in quel cinema italiano di inizio Duemila che va per altre strade. Che non son più quelle della commedia all’italiana coniugata all’impegno civile. Non fu apprezzato dai critici e venne disertato dal pubblico, che non amò la storia troppo sottile e inquietante la sua parte di due commercianti di stoffe concorrenti nella Roma fascista di fine anni Trenta. Umberto è cristiano, Leone ebreo. Tutto si complicherà quando il governo ducesco promulgherà le famigerate leggi razziali, e la vita e il lavoro di Leone ne saranno colpiti inesorabilmente. Nei toni della commedia colta all’italiana si affronta quel tema ampiamente rimosso dalla coscienza di questo paese che è la persecuzione antiebraica nell’Italia del ventennio e poi repubblichina, persecuzione che portò alla deportazione di migliaia di ebrei nei lager. Tema scomodo, perché agli italiani è piaciuto pensare per molti decenni di essere stati verso gli ebrei assai più tolleranti di altri popoli, e invece l’orrore arrivò anche qui, e Concorrenza sleale ce lo ricorda. È uno dei pochi film del nostro cinema ad averlo fatto, insieme a Il giardino dei Finzi Contini (il più famoso), L’oro di Roma, Tutti a casa e qualche altro. Sergio Castellitto è Leone, Diego Abatantuono è Umberto, ed è clamorosamente fuori ruolo. Così poco romanizzabile e compatibile con il contesto che in sede di sceneggiatura han dovuto inventarsi per il suo personaggio un’emigrazione da Milano a Roma abbastanza inverosimile. La regia manca di ritmo, si sente qua e là una certa stanchezza. Però il nucleo del racconto è di tale importanza e forza da imporsi su tutto e nonostane tutto.
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