Katyn, Rai Movie, ore 23,05.
Da noi è circolato pochissimo, questo fondamentale (più per motivi extracinematografici che strettamente filmici) Katyn del decano e maestro – un maestro vero – del cinema polacco Andrzej Wajda, il signor regista di Cenere e diamanti e L’uomo di marmo, per dire. Del 2007, enorme successo di pubblico in patria, e da noi semiclandestino, e ricordo di averlo acchiappato al volo quasi per caso qui a Milano al cinema Palestrina. Da vedere e vedere e vedere, e dunque quella di stasera è un’occasione da non lasciarsi sfuggire. Importante e imperdibile, perché rievoca una pagina di storia del Novecento polacco se possibile ancora più infame delle molte, troppe pur spaventose di quegli anni Quaranta di guerra d’Europa. Ed è quel massacro di Katyn in cui, nel 1940, i sovietici invasori del paese fecero fuori 22mila ufficiali dell’esercito polacco fatti prigionieri, per tagliare la testa a una possibile, potenziale resistenza armata. La messa a morte per fucilazione in serie voluta e progettata a Mosca, ma che poi – a guerra finita, a Polonia annessa all’impero del socialismo reale – venne attribuita da Mosca ai tedeschi, onde stornare da sé l’odio popolare e scaricarlo sui già odiati, et pour cause!, nazisti. Aggiungendo l’inganno, la riscrittura falsificante della storia, all’orrore. Ce n’è voluto, perché nella Polonia ancora sovietizzata e poi della ritrovata libertà e sovranità, fosse spezzata la depistante versione ufficiale del massacro e fosse dissepolto e restituito il vero. Questo film, narrativizzando e romanzando ma restando rigorosamente fedele al nucleo dei fatti, si inserisce in questa necessaria demolizione della versione sovietica, la divulga attraverso lo strumento cinema, e non per niente è stato affidato a un simbolo nazionale come Waida. Il quale, anche scrivendo la sceneggiatura, come filo narrativo per ricostruire le cose usa quello di una famigliua coinvolta nei fatti. Una famiglia che intende rappresentare tutte le famiglie polacche di allora. Settembre 1939. Dopo lo scellerato patto Molotov-von Ribbentrop tedeschi e sovietici invadono insieme, da lati opposti, la Polonia e se la spartiscono, ed è l’inizio della WW2. Anna e la figlia, e suo padre, sono a Cracovia, nella zona sotto controllo tedesco (e non si può non pensare a Vogliamo vivere! di Lubitsch), il marito Andrzej, ufficiale di cavalleria, finisce invece in mano sovietica. Come gli altri ufficiali, verrà deportato in un posto imprecisato. Finirà nelle fosse di Katyn. Non aspettatevi invenzioni cinematografiche e arditezze stilistiche da questo film, che fa al meglio il mestiere suo senza esulare e esondare dallo scopo che si prefigge, raccontare e far conoscere quello che è successo. Tutto è piegato a questo, e rende Katyn un oggetto filmico assai classico e a momenti anche convenzionale. Ma c’è un cinema che sperimenta ed esplora, e un altro che si fa racconto basico e, ebbene sì, necessariamente semplice di una storia e della storia (non metto la maiuscola per pudore), ed è questo il caso. Please, cercate di vederlo.
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