Rock of Ages, Italia 1, ore 22,30. Prima tv.
Uno dei peggiori tonfi al box office americano di questa decade. Un musical del 2012 di infinite ambizione che nonostante i molti atouts – ottimo cast, consolidato mestiere di tutti gli autori, popsongs (coverizzate) da urlo – non ce l’ha fatta a piacere. Forse perché è la stessa forma-musical a essere obsoleta, almeno al cinema, forse perché questo Rock of Ages non è così mainstream come sarebbe necessario, avendo attinto a uno spettacolo sì di gran siccesso a teatro, ma del circuito off. Circola un certo maledettismo rock – pur edulcorato e cucinato a uso delle masse – che un po’ di odore di zolfo, e di droghe varie, lo sparge ancora, e fa di Rock of Ages non proprio un film da famiglia da domenica pomeriggio. Per carità, non aspettatevi chissà che robacce succulente, solo un po’ di sesso fintamente oltraggioso e promiscuo, e sostanze alreanti, visto che siamo negli anni Ottanta in un club losangelino tempio di band in esibizioni live, e di ogni sfrenatezza metropolitana. Vi approda la solita ragazza venuta dalla provincia che, volendo far la cantante, si ritriva a fare la cameriera, come esige il consolidato schema narrativo del genere. Poi ce la farà, ovvio. I due gestori (Alec Baldwin e il molto simpatico Russell Brand) son però alla canna del gas, pieni di debiti come sono, sicché l’unica loro speranza è la perfomance live che darà di lì a poco il mitologico Stacee Jaxx, rockstar lasciva incarnante l’anima della stessa scena losangelina più fuori (anche di testa). Ma per opporsi all’esibizione scende in campo la moglie del sindaco che, in nome dei family values, vuol sabotare il concerto di quel satanasso di Stacee in quanto frutto del demonio e fabbrica del peccato. Storie e sottostorie, trame e controtrame. Un’infinità di personaggi collaterali. Il rock come bandiera di libertà contro tutti i bigottoni e reazionari, in una narrativa in opposizione binaria che forse funzionava venti-trent’anni fa ma adesso suona un filo stantia (e se fosse questo la causa dell’insuscesso del film, la sua inattualità rock?). Un’infinità di hit anni Ottanta, con predilezione per il rock gotico e maledetto ma non troppo. E un’esibizione notevolissima di Tom Cruise quale superhero del rock che si denuda e si dimena come una macchina del sesso selvaggio (a cinquant’anni!), rievocando il proprio lontano personaggio di Magnolia. Catherine Zeta-Jones è la crociata del bigottismo. Regia di Adam Shankman.
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