Il filo del rasoio, Rete Capri, ore 21,00.
No, non il remake con Bill Murray, ma l’originale del 1946 diretto da Edmund Goulding con un Tyrone Power (sì, babbo di Romina) al vertice della sua bellezza un filo imbrillantinata, Gene Tierney e Anne Baxter. Un abbagliante b/n della Hollywod d’oro tratto dall’ultimo romanzo, per molti il suo capolavoro, di Somerset Maugham. Il quale compare pure nel film nel ruolo di se stesso. Scrittore per molto tempo liquidato dai nostro sopracciò della critica letteraria come un abile mestierante e poco più, è stato rimesso nel pantheon del grandi veri da Adelphi che da qualche anno lo sta ripubblicando (compreso Il filo del rasoio). Ritratto di un giovane uomo americano che, traumatizzato dalla grande guerra, non ce la fa a rientrare nella sua agiata vita di alto profilo sociale e successo garantito dall’appartenenza alla casta. Percorso e pervaso da nevrosi e inquietudini molto anni Venti, molto post-belliche, ma anche anticipatorie di quel che dilagherà negli anni Sessanta. Rifiuto di una vita comoda me prevedibile, ricerca del vero se stesso mettendosi in gioco e alla ricerca. Di cosa? Qualcosa. Larry se ne va perfino per un po’ in un ashram indiano, e non ditemi che Maugham non ci ha visto lungo. Isabel, la ragazza che lo ama ma che lui non riesce davvero ad amare, si sposa con un altro. Lui se ne va a Parigi, si darà alla bohème da americano a Parigi, conoscerà l’autodistruttiva Sofia. Intanto, Maugham osserva, redige, commenta. Turbamenti giovanili assai profetici che, allora di una ristretta élite altoborghese, nei decenni successivi diventeranno di massa. Per Anne Baxter-Sofia arrivò l’Oscar come best supporting actress. Meglio non perderselo, e poi magari andarsi a leggere l’Adelphi.
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