Film stasera in tv: MONSIEUR LAZHAR (lun. 22 dic. 2014, tv in chiaro)

Monsieur Lazhar, La Effe, ore 21,00. 20048824Monsieur Lazhar, un film di Philippe Falardeau. Interpreti: Fellag, Sophie Nélisse, Émilien Néron, Brigitte Poupart, Danielle Proulx. Canada 2011.
Vincitore al Festival di Locarno 2011 del Premio del Pubblico UBS e del Premio Variety. Nominato all’Oscar per il migliore film straniero.
Un migrante algerino arriva come insegnante di francese in una classe di Montréal traumatizzata da un fatto terribile. Si rivelerà uno straordinario maestro, in grado di lenire quello shock collettivo. Ma non tutto funzionerà. Dal Canada francese un film che sta tra L’attimo fuggente e Incendies – La donna che canta.19833125Tratto da una pièce di Evelyne de la Chenelière, il film di Philippe Falardeau ha molte analogie con un altro gran successo degli anni scorsi della cinematografia québecoise, Incendies, passato abbastanza inosservato nel settembre 2010 a Venezia e arrivato poi nella cinquina finale per l’Oscar al migliore film straniero. In Incendies – La donna che canta (bellissimo film) c’era una libanese immigrata a Montréal che non riusciva a lasciarsi alle spalle gli incubi della guerra civile nel suo paese, qui in Monsieur Lazhar c’è un immigrato dall’Algeria, anche lui a Montréal, anche lui con una storia tremenda legata a un’altra guerra civile, quella che nel suo paese ha opposto per dieci anni islamisti estremi e governativi e che ha causato 150mila morti (e non se ne parla quasi). Ma le affinità si fermano qui. Monsieur Lazhar è un film che, seppure metta in scena piccoli e grandi drammi, resta in un ambito di realismo quotidiano e non raggiunge i picchi e gli abissi tragici, e anche melodrammatici, di Incendies.
In una scuola elementare di Montréal una giovane insegnante si è impiccata con un foulard nell’aula in cui faceva lezione. Shock e sbandamento nei bambini, e nelle loro famiglie, necessità di elaborare il trauma e di riprendere una decente normalità. In questo momento di vuoto, di nulla, arriva Bachir Lazhar. Si presenta alla preside dicendo di essere un immigrato con regolare permesso e chiede di poter insegnare, lui che per una vita ha fatto quel mestiere in Algeria. Immediatamente assunto, Bachir si ritrova in quella classe così provata. Non mancano le diffidenze e i problemi, ma Monsieur Lazhar si rivela un insegnante di francese straordinario, un incantatore, un maieuta, sensibile al travaglio psicologico dei bambini e alle loro qualità. Qualche nube con loro e con i colleghi, qualche intervento a gamba tesa da parte delle famiglie, ma Bachir vince ogni pregiudizio, conquista tutti. Nasconde però più di un segreto, la morte della moglie e delle due figlie in Algeria durante la guerra civile, ma anche di essere ancora un sans-papier in attesa di regolarizzazione e, soprattutto, di non aver mai insegnato ma di aver fatto tutt’altro mestiere, il ristoratore. È un simulatore, però di talento, ed è un insegnante formidabile e appassionato. Non esita a far leggere Balzac agli alunni, li introduce alla bellezza della lingua e della cultura francesi. Poi tutto verrà a galla, e Bachir pagherà.

Il regista Philippe Falardeau

L’attimo fuggente ai tempi dei migranti, l’hanno definito, e non è una cattiva definizione. Un film che sembra fatto apposta per piacere al pubblico delle arthouse e alle anime sensibili, che coinvolge e commuove. Buoni sentimenti, una nobile causa, una confezione impeccabile. Un interprete, Fellag, comico, commediante, scrittore algerino che ha vissuto tra Francia, Canada e Algeria, di travolgente bravura. Ma quello che più commuove nel personaggio di Bachir Lazhar è vedere come lui, algerino, sia così innamorato della Francia, della sua lingua, dei suoi autori, della sua cultura, di come riesca a trasmetterla ai suoi allievi, di come non ci sia odio e rabbia per il paese che un tempo colonizzò il suo. E non è l’identificazione della vittima con l’oppressore, non è la schiavitù da negro bianco come avrebbe detto il Franz Fanon dei Dannati della terra, è la consapevolezza, e l’orgoglio, di partecipare non più da subalterno ma da protagonista a una grande avventura intellettuale, a una grande cultura. Una fascinazione per la Francia e per la sua classicità che si avverte anche nel cinema di autori di origine nordafricana, ad esempio nell’acre e polemico franco-tunisino Abdellatif Kéchiche, il quale in La schivata omaggiava Marivaux e che perfino nel suo film più ideologico e anticolonialista, Venere nera, non riesce a sciogliere i vincoli di attrazione-repulsione che lo inchiodano alla cultura europea.

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