Per favore non mordermi sul collo!, Iris, ore 23,46.
Film fondamentale, nella carriera e nella vita di Roman Polanski, e non solo. È il primo film – anno 1967 – che il regista, già polacco ora autoesiliato in Occidente, gira con capitali americani, è il film in cui compare da protagonista Sharon Tate che subito dopo il tournage sarebbe diventata sua moglie, e che di lì a due anni, il 9 agosto 1969, avrebbe fatto la fine che sappiamo. Anche, un film amatissimo dal suo autore, che vi portò dentro molti fantasmi buoni e cattivi della Mitteleuropa madre e matrigna da cui proveniva. Il critico inglese Mark Cousins nella monumentale The Story of Film (un libro, e poi 15 episodi in dvd di un’ora ciascuno) identifica Per favore non mordermi sul collo! come titolo basilare degli anni Sessanta e opera intrisa di cultura yiddish, con rimandi e allusioni e riferimenti a quel mondo ebraico centro ed est europeo oggi pressoché scomparso. Non fu un successo, ma questa parodia dei film vampireschi della londinese Hammer gettò un seme che avrebbe prodotto in seguito cose come Frankenstein Junior, e il Dracula e il Frankenstein di Paul Morissey-Andy Warhol. Un’influenza che si sente ancora oggi, e si pensi solo al recentissimo cartone Hotel Transylvania. Uno studioso di vampiri (è il meraviglioso Jack MacGowran che Polanski aveva già utilizzato in Cul-de-sac) si reca sul campo, in Transilvania, per proseguire le sue ricerche, accompagnato da un assistente-scudiero che è poi lo stesso Roman Polanski: una coppia buffa con qualche rimando a Don Chisciotte e Sancho Panza. Il ragazzo si innamora della bella figlia di un oste ebreo (Sharon Tate, ovvio), ma lei viene rapita dall’oscuro signore del castello, naturalmente vampiro. Bisogna liberarla prima che i denti aguzzi la azzannino e la contagino. I due penetrano nel sinistrissimo maniero, in tempo per assistere a quella che è la scena migliore del film, un pezzo ormai antologizzato, il ballo dei vampiri. Segue la fuga con la bella, ma il finale ribalta tutto, in una scena che è puro cinismo polanskiano. Ancora bellissimo. Girato all’Alpe di Siusi, che finge di essere la Transilvania.
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