Victoria, un film di Sebastian Schipper. Con Laia Costa, Frederick Lau, Franz Rogowski, Burak Yigit.
Una notte pazza a Berlino di quattro balordi e una ragazza conosciuta in discoteca. Con una svolta noir e un finale assai teso. 140 minuti girati tutti in tempo reale, in un unico piano sequenza. Una performance registica di alto virtuosismo. Un film assai berlinese. Peccato per le troppe incongruenze. Voto 6+
Il primo film tedesco del concorso e, ebbene sì, una discreta sorpresa. Molto, molto applaudito dai jeunes critiques e dai ragazzi del web, che di sicuro hanno apprezzato non solo il clima giovanottesco (quattro ragazzi più una ragazza nella notte matta di Berlino), ma il virtuosismo tecnico e autoriale. Perché il regista, presumo giovane pure lui*, ha girato le sue due ore e venti minuti in tempo reale, in un solo piano sequenza, tipo il Sokurov di Arca russa. Ma qui, ovviamente, non siamo all’Ermitage e nel cinema dei maestri ma in quello dei trentenni e allora camera a mano mobile e prensile che sta addosso e gira intorno ai suoi personaggi, e ritmo frenetico e sbalordente. Tutto assai apprezzabile, e anche da applausi veri, perché di una gran prova si tratta. I problemi nascono da quello che ci viene raccontato, un noir per caso che si fa di momento in momento sotto i nostri occhi, e purtroppo con dentro abissali incongruenze, voragini di sceneggiatura, inspiegate svolte narrative. Che vien da dire, come spesso davanti a tanto cinema nuovo tecnicamente impeccabile ma carente nella drammaturgia e nella costruzione: ma benedetti ragazzi, uno sceneggiatore di mestiere che rilegga attentamente e magari riscriva proprio no?
Berlino, interno notte. In uno di quei dance-club cantinari dove si spara musica techno, si fanno cosacce, si ingurgitano ettolitri di vodka e tutti gli ultimi modelli di design drugs. Victoria, spagnola, in Germania da mesi tre, barista in una cafeteria a 4 euro l’ora (ma allora c’aveva ragione la signora con cui ho parlato qualche giorno fa a sconsigliare i ragazzi italiani a emigrare qui nella capitale di Germania, “statevene a casa che è meglio”), sola, carina e ubriaca e impasticcata, si imbatte uscendo in quattro ceffi che in tutta evidenza stanno scassinando una macchina. Anche simpatici, ma ragazzacci, balordi. Qualunque persona di buonsenso, specie di sesso femminile, se ne scapperebbe subito a casa, lei Victoria no, si ferma, cincischia, insomma si fa incastrare in una lunga conversazione con i quattro, soprattutto con quel che sembra il capo in testa della banda. Ecco, la prima inverosimiglianza. Vi par possibile che una media ragazza di buonsenso, per quanto in preda all’ecstasy, si lasci incastrare alle tre o quattro di notte da quattro tipi del genere? Parlandone con un gruppo di jeunes critiques italiani la loro risposta mi ha lasciato basito: possibilissimo, trattandosi di una spagnola. Vabbè, avranno ragione loro che avran fatto l’Erasmus a Barcellona e le spagnole (e catalane) le conosceranno bene. Fatto sta che Victoria si lascia sequestrare la bicicletta, segue docile il branco, si lascia portare fin sul roof di un palazzo, e da un momento all’altro ti aspetti il peggio, che si passi allo stupro di gruppo. Ecco, per quasi un’ora il film, pur così poco credibile, ti tiene inchiodato alla poltrona perché ti fa respirare la minaccia, ti fa percepire che qualcosa di brutto succederà, anche se non sai qundo e che cosa sarà esattamente. Non sarà uno stupro. Victoria verrà coinvolta, si lascerà coinvolgere, in una orrenda faccenda da cui deriveranno molte disgrazia, e parecchio sangue. E la cosa più assurda e inspiegabile è che Victoria, saputo quel che andranno a fare quei suoi compagni della notte, non solo non taglia la corda ma si offre di collaborare con loro. Ovvio che non racconto altro (però che palle ‘sta storia degli spoiler). Dico solo che ne abbiamo visti di film con ragazze perbene che fanno il salto nel crimine, a partire almeno da Bonnie & Clyde. Ma Dio mio, lì almeno si davano delle spiegazioni, si tentava di oliare con la logica certi passaggi. Qui niente, e davvero non si può. Per il resto, il film segue l’andamento di un classico noir, con molti echi di Fino all’ultimo respiro di Jean-Luc Godard e del cinema di Jean-Pierre Melville, con quel senso di desolazione e di sconfitta, di sogni che si bruciano e muoiono all’alba. In questo riesumare il romanticismo delle vite fuorirango e oltre il bordo (una tradizione, in fondo, che risale al realismo poetico di Duvivier e Carné) sta una delle sorprese di Victoria. L’altra essendo ovviamente la grande performance tecnica del take unico. Se solo ci fosse stato uno sceneggiatore vero.
* una lettrice, bacchettandomi le dita, mi informa che Sebastian Schipper ha 48 anni.
CERCA UN FILM
ISCRIVITI AI POST VIA MAIL
-
-
ARTICOLI RECENTI
- In sala. PATAGONIA, un film di Simone Bozzelli (recensione). Storia di Yuri e Ago
- In sala. IL GRANDE CARRO, un film di Philippe Garrel (recensione). Premio per la migliore regia alla Berlinale 2023
- Venezia 80. EVIL DOES NOT EXIST (Il male non esiste) di Ryusuke Hamaguchi – recensione
- Venezia 80. GREEN BORDER di Agnieszka Holland (recensione): crisi umanitaria ai confini dell’Ue
- Venezia 80. Chi vincerà come migliore attrice/attore? Questi i favoriti
Iscriviti al blog tramite email
Pingback: Berlinale 2015. LA MIA CLASSIFICA dei film in concorso (a lunedì 9 febbraio) | Nuovo Cinema Locatelli
Pingback: Berlinale 2015, LA MIA CLASSIFICA dei film del concorso a mercoledì 11 febbraio | Nuovo Cinema Locatelli
Pingback: Berlinale 2015. LA MIA CLASSIFICA dei film del concorso (giov. 12 febb. – 16 film su 18) | Nuovo Cinema Locatelli
Pingback: Berlinale 2015. LA MIA CLASSIFICA FINALE dei film del concorso | Nuovo Cinema Locatelli
Pingback: Recensione: LA BELLA E LA BESTIA, un film di Bill Condon. Casa Disney mostra i muscoli | Nuovo Cinema Locatelli