Joe, Rai 3, ore 21,00. Joe, di David Gordon Green. Con Nicolas Cage, Tye Sheridan, Ronie Gene Blevins.
Joe è un uomo dal pessimo carattere. Ma è un uomo buono. Un giusto. Quando gli si presenta l’occasione di aiutare Gary, un ragazzetto di quindici anni con una famiglia devastata, non si tirerà indietro. E tutto si complicherà. Descrizione assai credibile dell’America più profonda e della sua working class. Film virile, sobrio, che solo nell’ultima parte si carica di un eccesso di sentimentalismo. E finalmente, un ottimo Nicolas Cage. Voto 7
Un vero autore da festival, l'(abbastanza) indipendente americano David Gordono Green. Il quale, pur partito con raunchy comedies come Lo spaventapassere e Strafumati, non proprio il massimo per conquistare cuore e pancia dei critici chic, ce l’ha poi fatta a imporsi con quel Prince Avalanche che, presentato nel 2013 alla Berlinale, ne è uscito con un Orso d’argento per la migliore regia. Pochi mesi dopo con questo Joe è approdato in concorso a Venezia, e sempre al Lido è tornato lo scorso settembre con il suo nuovo Manglehorn interpretato da una star del peso di Al Pacino. Tre film in due anni, tre festival. Complimenti, mister Green, soprattutto tenendo conto degli handicap di partenza. Però non è che con la distribuzione italiana gli stia andata bene. Prince Avalanche non è mai uscito nei nostri cinema, Joe è arrivato con 13 mesi di ritardo e Manglehorn chissà, stiamo a vedere.
In Joe mostra comunque di saper descrivere assai bene, e con rispetto, come aveva già fatto in Avalanche, la working class dell’America più profonda, e i suoi linguaggi, i suoi modi, i suoi riti soprattutto maschili. Le sequenze iniziali di Joe e della sua squadra di dipendenti al lavoro nei boschi sono assai belle, senza una sbavatura, e Nicolas Cage quale Joe è di una credibilità che non ti aspetteresti. Un uomo duro, ma che non ha spento del tutto le sue passioni, un uomo temprato che è stata anche in galera, dal caratteraccio sempre pronto ad esplodere e a metterlo nei guai. Però un uomo buono, un giusto. Un gran personaggio, cui ci si affeziona presto, una figura finalmente positiva di maschio. A Joe si presenta un ragazzetto di quindici anni, Gary, chiedendogli di prenderlo nella sua squadra di taglialegna. Così sarà, e a poco a poco Joe scoprirà, e noi con lui, la brutta storia di famiglia del ragazzo, il padre alcolista e profitattore, la madre terrorizzata e schiavizzata, la sorella altrettanto abusata. Una devastazione. Gary ha voglia di riscatto, di vivere una vita, di tirarsi fuori dalla melma. Joe, in una sorta di paternage, lo aiuterà, lo proteggerà, gli darà per quanto gli è possibile una chance. Seguiranno guai e casini, perché non basta perseguire il bene per ottenerlo. Film virile. Film di silenzi e di parole stentate tra uomini. Ma quanto intercorre tra Joe e Gary, quella paternità sostitutiva solida e pudica insieme, è qualcosa che David Gordon Green sa raccontarci con delicatezza, e con sobrietà virile per l’appunto, senza smancerie. Joe nell’ultima parte di incasina e si accende di toni melodrammatici che rischiano di contraddire l’asciuttezza mirabile con cui fino a quel momento la storia è stata condotta. Ma resta una bella riuscita. Nicolas Cage nella sua migliore performance da parecchi anni a questa parte. Un attore ritrovato. Il ragazzino è Tye Sheridan, che infila il terzo film importante della sua pur giovane carriera. Era il figlio maggiore di The Tree of Life e il protagonista di Mud di Jeff Nichols.
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