
L giuria e i vincitori di Un certain regard
Una Isabella Rossellini presidente di guria, in versione grande dame con clamorosa stola, ha accolto sul palco della Salle Debussy ieri sera alle 19,15 i vincitori di Un certain regard, sezione seconda del festival, ma sempre più importante per i talenti che scopre e lancia (da qui l’anno scorso sono usciti Force Majeure e White God). Accanto a lei il delegato generale del festival, vale a dire il direttore artistico, Thierry Frémaux, a fare da maestro di cerimonie. Più il resto della giuria: l’attore Tahar Rahim, la regista libanese Nadine Labaki (sempre bella assai), la regista saudita Haifaa al-Mansour (La bicicletta verde), il regista greco Panos H. Koutras (Xenia).

il vincitore, il rgista islandese Grimur Hakonarson
Ecco i premi (cliccando sul titolo troverete la recensione di questo blog; non quella del film iraniano Nahid, che non sono riuscito a vedere).
Premio Un certain regard
Hrútar (Béliers – Montoni) dell’islandese Grímur Hákonarson
Premio della giuria
Zvizdan (Soleil de plom – High Sun) del croato Dalibor Matanić
Premio al migliore regista
Kiyoshi Kurosawa per Kishibe No Tabi (Verso l’altra riva)
Premio Un Certain Talent
Comoara (Le Trésor) del rumeno Corneliu Porumboiu
Premio per le migliori promesse
Masaan dell’indiano Neeraj Ghaywan
Nahid dell’iraniana Ida Panahandeh
Commento. Un verdetto condivisibile a metà. Non ha avuto nemmeno uno straccio di premio minore il film di gran lunga più bello e importante di Un certain regard, Cemetery of Splendour di Apichatpong Weerasethakul. Zero premi, ma qui non c’è da scandalizzarsi, neanche per film di autori consolidati come Naomi Kawase (il suo AN è così così) e Brillante Mendoza (da Taklub ci si aspettava francamente di più). L’islandese vincitore Hrútar è di quei film furbi e benissimo costruiti che piacciono immensamente al pubblico internazionale degli art house. Due fratelli coltelli costretti a far la pace per salvare una preziosa razza di montoni dall’abbattimento decretato dalle autorità per via di una mucca pazza ovina. Ottimo il premio al film croato, uno dei più innovativi della sezione, popolare e insieme di struttura altamente sofisticata. E benissimo anche il riconoscimento al rumeno Comoara: Porumboiu si conferma da un film all’altro uno degli autori europei oggi più interessanti e personali. Quanto al giapponese Kiyoshi Kurosawa (non parente): trattasi di autore di rispetto, però ha fatto film di gran lunga migliori di questo Verso l’altra riva, una storia di révenants, di morti e vivi che sfiora il kitsch new age. Quanto all’indiano Masaan, a me è parso un mélo fin troppo tradizionale e mi sono chiesto cosa mai ci facesse a Cannes. Evidentemente mi sbagliavo, visto che non solo ha vinto questo premio, ma anche il Fipresci (assegnato dalla stampa internazionale) come miglior film di Un certain regard. Mah. A questo punto potrebbe anche funzionare in Europa e America, se adeguatamente distribuito.
Delusione italiana. Zero premi a Roberto Minervini, arrivato a Un certain regard con il suo documentario sull’America degli esclusi The Other Side. Sostenuto e pompato anche oltre ogni ragionevolezza dai media italiani, ha poco convinto, e che non gli sia stato dato spazio nel Palmarès non è poi così scandaloso.
Pingback: Cannes2015. Il vero trionfo dell’Italia si chiama Isabella Rossellini | Nuovo Cinema Locatelli
Pingback: Bilancio Cannes 2015: l’anno dei film imperfetti | Nuovo Cinema Locatelli
Pingback: RAMS, storia di due fratelli e otto pecore (recensione). Dall’Islanda il film vincitore di Cannes/Un certain regard | Nuovo Cinema Locatelli