Recensione: CRIMSON PEAK di Guillermo del Toro. Più che un horror, un classico gothic tra Poe e Du Maurier

12080306_763046773805988_429007331184989668_o11225376_765553070222025_5682591462678444573_oCrimson Peak, un film di Guillermo Del Toro. Con Mia Wasikowska, Jessica Chastain, Tom Hiddleston, Charlie Hunnam, Doug Jones.
crimson-peak-10-1500x844Un pauroso di gran classe e di impianto classico, pieno di reminiscenze letterarie e cinematografiche tra Poe, Daphne Du Maurier, Hitchcock e Lang. Come in Rebecca, una giovane sposa arriva nella tetra magione del marito, e saranno terrori, misteri e segreti. Del Toro allestisce una messinscena sontuosa e fiammeggiante, peccato che aggiunga elementi horror non così necessari (tutti quegli spettri repellenti). Però il film c’è, e tiene. Con una formidabile Jessica Chastain mora e cattiva. Voto 7+
12045720_766021796841819_1743056142529238929_oDopo la guerra dei robottoni di Pacific Rim dove ha rischiato di perdere la sua identità d’autore e fors’anche l’anima (ah, Hollywood la grande meretrice!), Guillermo del Toro torna con questo Crimson Peak a un cinema molto personale, che flirta sì con le convenzioni dei blockbuster a effettacci digitali e chissà quanto speciali (se no chi la sente la platea sgranocchiante popcorn?), ma che con una certa audacia – perché non son più i tempi – ripesca la darkness del racconto gotico ottocentesco, le ghost stories e le atmosfere cupe e malate di Edgar Allan Poe, ibridandole con robusti richiami a Daphne Du Maurier e le sue giovin signore dabbene alle prese con il male e il mistero. Aggiungendovi, come ha acutamente rilevato Marco Giusti, puntuali citazioni nella prima parte di Henry James e del suo Washington Square (e del film che William Wyler ne trasse, L’ereditiera). Molte e molto nobili ascendenze che prima che cinematografiche son letterarie, finendo col collocare questo Crimson Peak in una sfera di cinema non corrivo, anche se del Toro è poi costretto, o costringe se stesso, a una qualche mediazione di troppo per compiacere l’audience attuale che non tiene e non vuole pensieri complicati, ed è il limite maggiore del film, quanto gli impedisce di essere importante davvero. Nel sua traccia principale, Crimson Peak sembra quasi un ricalco, pardon una citazione e un hommage, dell’opera più famosa della Du Maurier e del leggendario film che Alfred Hitchcock ne cavò fuori, Rebecca la prima moglie ovviamente. Ma siamo anche dalle parti di Dietro la porta chiusa, la replica sullo stesso terreno narrativo di Fritz Lang a Rebecca e quasi una sfida a Hitchcock. Come nell’uno e nell’altro, in Crimson Peak vediamo una giovane donna che si innamora di un uomo assai ambiguo e che, una volta da lui portata nella dimora, si troverà ad affrontare pericoli e misteri. America, East Coast, fine Ottocento. Edith, rimasta sola col padre dopo la precoce morte di mamma (il cui fantasma le appare dandole l’oscuro avvertimento “attenta a Crimson Peak!”), è una ragazza coltivante una qualche ambizione letteraria. L’amico Alan la corteggia, ma lei cade innamorato di un aristocratico assai torvo per quando di fascino indubbio arrivato dal vecchio mondo, dall’Inghilterra, in cerca di soldi per una sua invenzione. Sir Thomas, proprietario di un castello e di una miniera che ha sempre prodotto la miglior argilla rossa ma oggi pressoché esaurita con disastrosi effetti sulle finanze di famiglia, ha progettato un mostro meccanico in grado di scavare più a fondo e trovare nuovi lucrosi filoni del prezioso materiale. Solo che per realizzarla e renderla operativa ha bisogno di capitali, e dunque per raccattarli sta facendo il giro (oggi si direbbe road show) delle maggiori piazze finanziarie (è stato anche a Milano). Ma lì in America si trova circondato da parecchia diffidenza, in particolare non lo vede di buon occhio il padre di Edith, e che proprio non vuole averlo come genero. Solo che il vecchio verrà ucciso (in una scena efferata assai darioargentiana, con il misterioso assassino in guanti neri), e Edith, senza più ostacoli, sposerà Thomas. Che la porta nella magione avita, un castellotto fatiscente, tetro e minaccioso in un landa desolatissima e sinistra. Aggiungeteci che a far da custode della casa e delle memorie di famiglia c’è l’inquietante sorella di Thomas, Lady Lucille, che non sembra per niente benvolere la sposina venuta dall’America. Storia classicissima messa in scena da del Toro nel suo stile horror-chic e surreal-barocco molto latinoamericano, con magnifico décor e fiammeggianti, sontuose invenzioni visive, come in un Bava esploso e survoltato immerso in un bagno lisergico. Squarci nel tetto, grumi catramosi a insozzare sotterranei e angoli nascosti, sabbie color sangue che sommergono e inghiottono. Un repertorio scenografico e di costumi Ottocento riprodotto al massimo del suo potere oppressivo e soffocante, non più sfondo e contenitore ma attore, motore della storia, protagonista, anche per via della ben nota vocazione di del Toro a dar consistenza vitale (e spesso vegetale) all’inanimato, a trasformare cose e ambienti in organismi che palpitano e respirano. In questo assai più vicino al Roger Corman che rifaceva Poe che a Hitchcock e Lang. Peccato che del Toro non riesca o non voglia liberarsi di tanti segni  e modi dell’horror più di consumo, col risultato di inquinare la cifra stilistica di Crimson Peak, il suo tono, il suo clima. Tutta la parte supernatural e ghost, con il potere di Edith di vedere, materializzare i fantasmi e di parlarci, è del tutto superflua, e non si salda mai davvero con la storia della ragazza venuta dal mondo nuovo alle prese con un vecchio sinistro castello, un marito indecifrabile e un’inquietante cognata. Sarebbero bastati questi elementi a tenere in piedi il film, ma del Toro non si è fidato e ha infarcito con troppo d’altro. Comunque il nucleo tiene, e si arriva alla fine con la sensazione di aver visto un prodotto anomalo rispetto alla media corrente. Certo, vien da chiedersi come i consumatori dei blockbuster possano accogliere un film dall’impianto così classico e old fashioned, per quanto astutamente aggiornato. Le prime due settimane nei cinema americani la risposta l’hanno data, ed è stata negativa. Stiamo a vedere se in Europa gli spettatori saranno meglio disposti. Gran cast, forse il migliore aassemblabile oggi per una storia simile. Mia Wasikowska è la determinata e insieme fragile Edith, peccato solo per una pettinatura infelice che la penalizza e ingoffisce (maledetta parrucchiera!). Tom Hiddleston, il vampiro dandy di Only Lovers Left Alive, è semplicemente il miglior sir Thomas possibile. Ma il film se lo conquista Jessica Chastain in un’altra delle sue camaleontiche reincarnazioni, quale sorella imperiosa di sir Thomas e custode dei peggio segreti dinastici, vero perno di tutta la storia. Con una capigliatura nera che ricorda incredibilmente (ma sarà voluto?) la Brigitte Bardot mora dell’episodio di Louis Malle di Tre passi nel delirio (tratto, val la pena ricordarlo, da Edgar Allan Poe). A sua volta, mi pare, ricalcata su George Sand.

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