Lontano dal paradiso, Rai 5, ore 21,15.
Todd Haynes è sì un regista indipendente, volutamente ai bordi della grossa macchina cinema Usa, ma che sa anche essere abile fabbricatore di storie popolari, come dimostra l’ottimo esito qualche anno fa (prima in America, poi in Italia, dov’è stato trasmesso da Sky) del suo formidabile film tv pluripuntate Mildred Pierce. Questo di stasera è l’opera che nel 2002 lo impose definitivamente, e che resta a tutt’oggi il suo maggiore successo commerciale. Presentato prima alla Mostra di Venezia e poi in tutto il mondo, si guadagnò anche un bel po’ di nomination all’Oscar. America anni ’50, tra Peyton Place e i mélo di Douglas Sirk: Julianne Moore viene a sapere che il marito Dennis Quaid è omosessuale. Comprensibile sbandamento, anzi shock, da cui man mano uscirà grazie all’amicizia, forse amore, con il giardiniere afroamericano.
Gaytudine, amori inter-razziali e interclassisti nell’America di Eisenhower: Haynes usa con consapevolezza contemporanea i materiali del mélo, che sono quelli del tabù e dell’amore ostacolato e sofferto. Citazioni quasi filologiche di Secondo amore di Douglas Sirk, da cui si riprende il giardiniere quale amore proletario proibito e condannato. Perfetta ricostruzione dei Fifties. Il film che ha trasformato Haynes in un regista da A-list. Uno dei film più influenti della scorsa decade. E chi ha visto il nuovo film di Haynes, Carol, si renderà conto di come lui ci abbia messo dentro molto, forse troppo, di Lontano dal paradiso, senza però replicarne il risultato.
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