Berlinale 2016. Recensione: con il belga DES NOUVELLES DE LA PLANÈTE MARS finalmente si ride

201613696_1Des nouvelles de la planète Mars, un film di Dominik Moll. Con François Damiens, Vincent Macaigne, Veerle Baetens, Jeanne Guittet, Tom Rivoire. Competizione (ma fuori concorso).
201613696_3Un altro arrivo dal mattocco e stralunato cinema belga. Un uomo buono e tranquillo viene travolto da un collega anarcide e fuori di testa. La sua vita cambierà, non in peggio, E finalmente al concorso ci si è divertiti. Voto tra 6 e il 7
201613696_2Finalmente s’è riso, in un festival che ha allineato non poche tetraggini e soprattutto un concorso con una quantità allarmante di film brutti o mediocri. Dominik Moll è uno di quei belgi che nel cinema portano un il gusto mattocco e bizzarro, stralunato e surreale che percorre cose e arti varie del suo paese, e sembra essere quasi una costante antropologica. Questa è la storia di un buon padre di famiglia, inteso soprattutto come uomo buono cui François Damiens presta la sua faccia e i suoi modi di nuovo everyman del cinema francofono (un attore che adoro), il quale per troppa disponibilità verso il prossimo, famliari colleghi amici, si ritrova sempre più invaso, travolto, spossessato della sua libertà. Una commedia benissimo scritta e ancor meglio interpretata centrata sull’asse di collegamento, ma anche sull’opposizione tra un uomo tranquillo e uno che è il suyo esatto contrario suo, anarcoide, pazzo, arruffato, sregolato, sociopatico. Il pimo roccioso nella fedeltà alle sue abitudini, il secondo imprevedibile e ciclonico, perfetto per amndare all’aria la vita programmata in ogni dettaglio dell’altro. Philippe Mars è divorziato, la ex è ora in carrierissima come giornalista tv (curiosamente, la seconda della giornata del concorso dopo la Anna del film di Thomas Vinterber Kollektiv) e, dovendo lasciare di corsa Parigi per una corrispondenza da Bruxelles, gli molla i due figli, la maggiore teenager brusca e puntuta, il secondo di una decina d’anni da poco diventato vegano e animalista estremista. Sarnno guai solo a metterli in tavla, quei due. Non bastasse, sul lavoro Philippe vien mandato a badare un programmatore talentuoso quanto fuori di testa, Jerôme, che in uo dei suoi attacchi di furore gli mozzerà mezzo orecchio con una mannaia. Non sto a dirvi il perché e il percome, fatto sta che dopo essersi fatto ricucire l’orecchio il buon Philippe, praticamente un santo, una figura tra il biblico Giobbe e l’evangelico samaritano, accoglie in casa il mozzatore rimasto senza lavoro e senza dimora. La convivenza sarà devastante e, per noi, spettatori, molto divertente. Ogni certezza tranquilla di Philippe verrà demolita. Oltretutto si stabilirà un’alleanza di ferro tra l’ospite e il figlio minore, in nome dell’ecologismo e dell’antistema. Riempiranno la casa di rspi salvati dal laboratorio di vivisezione, Jerôme porterà una ancora più mattocca di lui conosciuta in un centro di igiene mentale. Lo schema narrativo è quello dell’everyman trascinato da un incontro casuale in una spirale di avventure che non solo gli distruggono la routine, ma gli rifonderanno la vita. Dopo l’incontro con Jerôme, per Philippe  niente sarà piùcome prima, e lo stesso per i due figli. Qualcuno ha detto che non è un film da festival, e invece ci sta eccome in questa Berlinale. Se mai c’è da lamentarsi degli ultimi venti minuti, così consolatori e con un finale fin troppo apparechiato quasi da Hollywood anni Cinquanta. Con qualche inserto onirico-surreale che si poteva benissimo evitare (i genitori dall’al di là, ecc.). Ma va bene lo stesso.

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