Amores Perros, di Alejandro G. Iñarritu, Rai Movie, ore 23,05.

Iñarritu con l’Oscar vinto per Birdman. Stanytte ne ha vinto un altro per la regia di The Reevenant.

Gael Garcia Bernal in Amores Perros

Gael Garcia Bernal in Amores Perros
roprio stanotte Iñarritu – uno che in Italia non sta simpatico a molti (basta scorrere un attimo i social per accorgersene), e chissà perché – si è preso con The Revenant il suo secondo e strameritato Oscar di fila (in a row, come dicono gli anglofoni) per la migliore regia dopo quello dell’anno scorso per Birdman, ed è un primato che divide con Henry Mankiewicz e John Ford, mica niente. Ora che il gran messicano è uno dei signori conclamati di Hollywood, val la pena rivedere questo suo Amore Perros, tempestivamente mandato in onda da Rai Movie, che lo impose all’attenzione internazionale nell’anno 2000, il suo primo clamoroso sucesso fuori confine, anche nominto, ma non premiato, all’Oscar come migliore film straniero. Grandissimo film, va detto, e seminale, la cui struttura narrativa a plrime tracce verrà ripresa e replicata da infiniti altri. Anche quello, Amores Perros, che inaugurò la sua collaborazione con lo sceneggiatore Guillermo Arriaga destinata a produrre 21 grammi e Babel. Della trilogia nata dal sodalizio, uno dei più fecondi del cinema delle ultime decadi, Amores Perros è se non il più bello certo il più tosto e diretto, quello in cui lo schema narrativo Iñárritu-Arriaga (più storie che si snodano in contemporanea nello stesso spazio-tempo e che si incrociano in un punto, in un evento che finirà col cambiarle tutte) ha ancora il sapore del nuovo. Amores Perros, amori (e) cani, espone tre vicende con in comune l’amore o il malamore per i cani, storie che ci mostrano un’umanità depressa, alienata, derelitta, sciagurata. Film sporco e sublime, umano e bestiale, in una Città del Messico da incubo. Gran successo in America, mentre qui non se lo filò nessuno. Capolavoro. Con tra gli altri Gael Garcia Bernal.