In another country di Hong Sang-soo, Rai 5, ore 21,15.
Ottima l’idea di programmare i film del sudcoreano Hong Sangsoo, ormai un piccolo maestro riconosciuto anche venerato internazionalmente, autore che ha saputo via via mettere a punto un cinema assai personale, dal segno inconfondibile e riconoscibile. E consacrato con il pardop d’oro vinto lo scorso agosto al festival di Locarno per il suo film forse più accessibile e mainstream, Right now, wrong then. Quello di HSS è un cinema-commedia di gente-come-noi prevalentemente di conversazione che lo apparenta a Rohmer, mentre sono molto alla Resnais i gochi di rifrazione e scomposizione cui il molto amato cineasta sottopone le sue tracce narrative, ripetute da punti di vista differenti, o con variazione minime: a esplorare le infinite possibilità offerte dal caso, in un ‘come se’ che ci suggerisce quanto la realtà anche più banale possa nascondere altri percorsi. In Another Country, presentato in concorso a Cannes nel 2012 (e, ricordo, proiettato follemente di domenica, giorno di massima affluenza, in una piccola sala, con cpnseguenti file interminabili) è forse il suo film più noto in Europa, di sicuro quello che l’ha fatto conoscere al di fuori della nicchia degli specialisti, grazie anche alla presenza di una star come Isabelle Huppert. Una commedia di sentimenti, con una Huppert che si moltiplica in tre personaggi, e che però si chiamano sempre Anne e sono sempre signore francesi, e bisogna dire che lei fa di tutto per stare al gioco impostole dal regista con l’impavida, ferrea determinazione che le si conosce.
Siamo in una città balneare sud coreana, con un mare grigio e freddo. Anne, arrivata dalla Francia e con un mestiere che deve avere a che fare con il cinema (fa la critica? l’organizzatrice di rassegne? non ho capito bene, scusate), è ospite di un regista di Seul e della moglie di lui incinta. Il coreano ci prova, eccome. Intanto Anne/Huppert deambula intorno alla spiaggia, chiede se da quelle parti ci sia un faro e fa così la conoscenza di un bagnino, ovviamente aitante – sui giornali anni Cinquanta i bagnini erano sempre aitanti -, simpatico e grezzo, che la corteggia. Figurarsi la critichessa francese, che magari vorrebbe giacere nella tenda (gialla) di lui, ma noblesse oblige e neanche se ne parla, un po’ di coquetterie e basta. Si passa al secondo episodio, e stavolta Anne/Huppert è una francese che tradisce il marito con un intellettuale coreano, fa i soliti giri sulla spiaggia, chiede del faro, conosce il solito bagnino che la corteggia, ma pure lei niente. Terzo episodio: Anne/Huppert stavolta è stata mollata dal marito manager (francese) per la segretaria coreana, si concede una vacanzuccia al mare con un’amica (coreana) per tirarsi un po’ su, conosce sempre i soliti personaggi, bagnino compreso, e finalmente ci scopa. Si palesa anche un faro giocattolo. Fine del film, o quasi. Insomma, ci siamo capiti, no? Siamo alle stesse storie però riprese e riraccontate attraverso i diversi punti di vista delle tre Anne, che però sono sempre Isabelle Huppert, che insomma sotto sotto son sempre (forse) la stessa donna. Dialoghi brillanti, personaggi ed elementi che tornano da una storia all’altra, e quegli strani incastri narrativi un po’ per caso un po’ per necessità. Come sempre in Hong Sangsoo, l’apparente leggerezza e semplicità nascondono una struttura complessa e ferreamente costruita, e messa in scena con minuziosa, maniacale precisione.
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