La più grande storia mai raccontata, Tv 2000, ore 21,05.
È, giustamente, la tv della Cei a mettere in programma stasera, nella domenica delle Palme e in apertura della settimana santa, uno dei non pochi colossal in cinemascope sulla vita di Cristo. Vita qui raccontata da George Stevens, in una produzione hollyoodiana dell’anno 1965 mastodontica e di grandi mezzi (e in 70 millimetri, come oggi usa e osa solo Tarantino) che fu però un flop sanguinoso, perché ormai il gusto delle platee globali stava cambiando, perché in Italia e nel resto d’Europa le sale parrocchiali cominciavano a avvertire la crisi. Perché lo stesso paradigma cinematografico della rappresentazione di Cristo era radicalmente mutato dopo che Pasolini l’anno prima, nel 1964, aveva entusiasmato e scandalizzato in pari misura con Il Vangelo secondo Matteo, cancellando di colpo un’intera tradizione filmica, mostrando un Gesù bruno e mediterraneo, ricreando senza cartapesta e tra le pietre di Matera l’antica Palestina. Sicché quando arrivò poco dopo in Cinerama, questo La più grande storia mai raccontata sembrò appartenere a un’altra era, a un cinema irrimediabilmente obsoleto. Eppure il film, nonostante l’esibizione muscolare da colossal, ha una sua indubbia nobiltà e, a rivederlo oggi, un fascino che non si discute, con scene meravigliose come la bruegheliana crocifissione. Solo che il Gesù rappresentato, frutto più di una cultura protestante che cattolica, è convenzionalmente e assai poco credibilmente biondo e nordico, in ottemperanza all’iconografia popolare che gli si era condensata intorno e però lontana da ogni verosimiglianza. Ispirato a una serie radiofonica del 1949, e dunque assai in ritardo rispetto a quella fonte, La pià grande storia mai raccontata si dispiega per quasi tre ore da Betlemme e dalla visita dei Re Magi alla passione, alla morte, alla resurrezione. Con un cast di star impressionante e cameos pazzeschi, dal John Wayne centurione ai piedi della croce che pronuncia una sola battuta a Pat Boone, Sal Mineo, Carrol Baker, Sidney Poitier. Cristo è lo svedese e bergmaniano Max Von Sydow, oggi il vero motivo di interesse del film. Maria è la meraviglisoa Dorothy McGuire. Girato negli scenari del South West. Charlton Heston è uno statuario Giovanni Battista, Donald Pleasance, specializzato già allora in personaggi ambigui e melliflui, è nientemeno che il grande tentatore Satana. Con il non-successo di La più grande storia mai raccontata si chiude una stagione di peplum hollywoodiani sulla cristianità nascente, da Quo Vadis? a La tunica a Ben-Hur. Quelli affettuosamente e ironicamente rievocati dai Coen in Ave, Cesare!
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