2001, Odissea nello spazio, Iris, ore 23,18.
Lo Stanley Kubrick che preferisco. È un film che ha allargato i confini del cinema (e della nostra percezione, del nostro immaginario) come pochi altri. C’è un prima e un dopo Odissea nello spazio, niente, soprattutto nella sci-fi, è rimasto lo stesso. Anche i nuovi registi, come il Duncan Jones di Moon, continuano a guardare al capolavoro kubrickiano come a un riferimento imprescindibile. Da vedere e rivedere e rivedere, è sempre uno spettacolo grandioso. Nella classifica stilata lo scorso agosto-settembre dal mensile inglese di cinema Sight & Sound, clasifica aggiornata ogni dieci anni slla base dei voti espressi da circa mille critici di tutto il mondo, 2001: Odissea nello spazio si è piazzato al 6° posto. Ancora più su nella speciale classifica Sight & Sound che tiene conto delle preferenze di centinaia di registi, anche qui di tutto il mondo: 4° posto. Tra gli autori che lo hanno votato Martin Scorsese, Olivier Assayas, Atom Egoyan e Gaspar Noé. Che peraltro, nel suo bellissimo Enter the Void, omaggia e cita Odissea nello spazio in più di una scena. Parte dal nostro pianeta una nave spaziale verso Giove per far luce su un misterioso caso, la possibile esistenza cosmica di un’intelligenza artificiale come suggerrirebbe un monolito scoperto precedentemente su una base lunare. A guidare la spedizione, un computer di nome HAL. Ma tra gli umani e il tecnologico cervello si innescherà un conflitto, con esiti non previsti. Il film comincia con i nostri progenitori scimmie, finisce in un enigmatico anfratto dello spazio-tempo, di un futuro che somiglia al nostro passato, e che è (forse) una regressione all’origine. In una circolarità perfetta e inquietante, Memorabile la penetrazione della navicella nell’atmosfera di Giove con quegli effetti lisergici che riflettevano in qualche modo le visioni indotte dall’Lsd della controcultura del tempo (anno 1968). Ma è tutto il film a essere entrato stabilmente nei nostri consci e inconsci e a essere diventato la matrice di infiniti calchi successivi. Protagonista un robotico Keir Dullea. Naturalmente il 2001 si sarebbe rivelato molto diverso da quello delineato da Kubrick e da Arthur Clarke, autore del romanzo da cui il film è tratto (si pensi solo all’alimentazione in pillole e ignobili liquidi degli astronauti di Odissea nello spazio). A conferma che la fantascienza non racconta mai il futuro, ma, seppure in forma schermata e criptata, il presente e le sue ossessioni.
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