Roger Waters, The Wall: live in Berlin, ore 23,32.
Non il gran film che Alan Parker trasse dal concept-album dei Pink Floyd nel 1982, nemmeno quello sul tour recente di Roger Waters in tre continenti con tanto di show magniloquente apparso nei cinema qualche mese fa (realizzando incassi sorprendenti che hanno sfiorato il milione di euro in pochissimi giorni). Questo è il prezioso documento visivo dell’album eseguito, recitato, messo in scena da Roger Waters e da innumerevoli suoi ospiti in uno spettacolo live colossale a Berlino il 21 luglio 1990, a pochi mesi dalla caduta del più celebre di tutti i muri, quello che separava l’Ovest dall’Est della città. Concerto che si svolse assai simbolicamente nell’immenso terrain vague, in quella terra di nessuno che si estendeva tra le due Berlino, dove adesso c’è la luccicante PotsdamerPlatz dei grattacieli disegnati dalle archistar. Il muro dov’era il muro. Quando la musica incontra la storia, e la incorpora, e non è mica retorica dirlo, perché quella volta fu proprio così. Già di suo l’opera rock dei Pink Floyd trasuda incubi e orrori del Novecento, il controllo delle coscienze nei regimi totalitari, l’attesa messianica di un leader-despota, l’espropriazione di ogni libertà: inserirla nel paesaggio scavato, ferito, della città più tormentata del secolo scorso significa accentuarne a dismisura la potenza evocativa e comunicativa. Al resto ci pensano la musica, epocale davvero, e lo show, imponente. Fu sacrosanta l’intuizione di Roger Waters di rimetterla in piazza, e che piazza, nonostante l’impossibilità di riunire gli smembrati e dissolti Pink Floyd. E però, che lista di ospiti sul palco: Ute Lemper, Joni Mitchell, Cindy Lauper, Scorpions. Perfino Jerry Hall, ora – chi l’avrebbe mai detto a quei tempi? – signora Murdoch. Apparizioni di culto di Albert Finney e Marianne Faithfull. 350mila spettatori. E a vederlo, questo film, sono brividi.
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