Stasera in tv un film sulla beat generation: GIOVANI RIBELLI (Kill Your Darlings) – lun. 4 apr. 2016, tv in chiaro

Giovani ribelli – Kill Your Darlings, Rai Movie, ore 1,00.

Daniel Radcliffe (a sin.) è Allen Ginsberg, Dane DeHaan è Lucien Carr.

Daniel Radcliffe (a sin.) è Allen Ginsberg, Dane DeHaan è Lucien Carr.

L'ex Harry Potter è un credibile, giovane Ginsberg

L’ex Harry Potter è un credibile, giovane Ginsberg

Giovani ribelli (Kill Your Darlings), regia di John Krokidas. Con Daniel Radcliffe, Dane DeHaan, Michael C. Hall, Ben Foster, Jack Huston, David Cross, Elizabeth Olsen, Jennifer Jason Leigh.107655_galParte come il solito film agiografico e scontato sulla beat generation: Allen Ginsberg, William Burroughs, Jack Kerouac e altri satelliti raccontati da giovani, allo statu nascenti. Ma il film prende quota quando rievoca e ricostruisce un fattaccio avvenuto nella cerchia della beat generation di cui per 60 anni non ha parlato nessuno: un atroce delitto gay, l’uccisione da parte di un fraterno amico di Ginsberg del proprio amante. Daniel Radcliffe ne fa di ogni per far dimenticare Harry Potter e nella parte di Ginsberg si dà a ogni ribellione e droga. Facendosi sodomizzare in una scena già cultistica. Voto 7

l vero Lucien Carr (in primo poiano al centro). Dietro, William Burroughs (a sin.) e Allen Gisnberg. Carr uccise il suo amante David Kammerer pugnalandolo e buttandolo ancora vivo nell'Hudson: fu assolto.

Il vero Lucien Carr (in primo piano al centro). Dietro, William Burroughs (a sin.) e Allen Gisnberg.
Carr uccise il suo amante David Kammerer pugnalandolo e buttandolo ancora vivo nell’Hudson: fu assolto.

Film molto indie che segna l’esordio registico del finora poco conosciuto John Krokidas (due corti dati al Sundance e in qualche altro festival, ma niente di più). Presentato in prima mondiale a Venezia alle Giornate degli autori, Giovani ribelli è uscito in questi giorni nei nostri cinema in contemporanea con l’America, e una volta tanto non ci tocca aspettare quei mesi se non addirittura anni (come per il danese A Royal Affair, arrivato qui un anno e mezzo dopo). Sono andato a vederlo maldisposto. Un altro film sugli insopportabili della beat generation e dintorni, i soliti Ginsberg, Burroughs, Kerouac e altri santi e santini più o meno maudit, e ti dici, basta, non se ne può più. Soprattutto dopo l’orrendo, celebrativo, agiografico, piatto, inerte Sulla strada di Walter Salles, dove si salvava solo Garrett Hedlund, l’attore più naturalmente sexy apparso a Hollywood dai tempi di Brad Pitt (lo si vedrà in uno strepitoso cameo in Inside Llewyn Davis dei Coen, Grand Prix della giuria a Cannes). È che il tasso di reverente devozione rispetto ai signori di cui sopra ha raggiunto vette  insostenibili e delle loro storie di perdizioni e sperdimento tra allucinogeni, allucinazoni, misticherie orientaleggianti, sballi da varie sostanze, omosessualismi selvaggi ed esotici ormai sappiamo già tutto e non occorre la ri-spiega,soprattutto se fatta con il sussiego e la compunzione di quelli che adesso-vi-introduco-io-all’arte-e-alla-poesia. Mondaineggiando: che noia che barba, che barba che noia. Difatti questo Giovani ribelli nella sua prima parte, quando allinea – mostrandoceli allo statu nascenti – Allen Ginsberg, Jack Kerouac, William Burroughs e altri satelliti della costellazione beatnik, è piuttosto antipatico. Ma poi svolta grazie a Dio, prende quota, e succede quando si trasforma in cuperrimo e succulento melodramma a sfondo omosessuale – che peraltro è storia vera, verissima, veramente accaduta per quanto rimossa e semidimenticata dagli agiografi della beat generation – un qualcosa di sordidissimo tra Genet e Tennesseee Wlliams (il quale pure lui ogni tanto faceva visita a Tangeri ai nostri beats lì insabbiati tra kif e marchettari locali). Mica per niente il titolo originale fa Kill Your Darlings, Uccidi i tuoi cari, mica l’anodino, depistante e pseudonobilitante Giovani ribelli della versione italiana. Siamo nei primi anni ’40, con un Allen Ginsberg timidissimo ragazzo di media famiglia ebraica newyorkese con madre psicotica che approda alla Columbia a studiar lettere. Gli ci vuol niente per fare conoscenza con il bad boy Lucien Carr, un compagno di corso che se la tira da maledetto e davvero lo è, un ragazzetto che si lancia contro tutto e tutti: l’istituzione universitaria, i professori, la disciplina, il mondo tutto. Con un che di sublime e di luciferino alla Rimbaud, tant’è che il buon Ginsberg finisce subito da lui plagiato e trascinato nel vortice. E intanto facciamo anche conoscenza di: 1) Wlliam Burroughs, che di anni ne ha qualcuno di più e che formerà con Ginsberg e Carr un vero e proprio commando antitradizionalista all’interno del campus; 2) Jack Kerouac, scrittore mattoide e tosto con tanta voglia di avventura addosso, nella cui casa si radunano tutti gli spiriti della scena alternativa newyorkese del momento; 3) David Kammerer, scrittore senza quattrini, che dell’efebo Lucien Carr è innamorato pazzo, al punto da mantenerlo e da perdere per lui ogni dignità, in una sorta di autodistruttivo amour fu: che poi non si capisce neanche se Carr ci vada a letto o meno o se fa con lui l’allumeuse (o l’allumeur).
A semplificare parecchio, Kill Your Darlings è il racconto di formazione, un classicissimo coming-of-age, solo che il protagonista è un nome grosso delle lettere del Novecento come Ginsberg. Oltre a partecipare alla ragazzate in università con Carr e Burroughs (e quando sconciano in un’azione di guerriglia culturale i testi antichi della biblioteca vien voglia di prenderli a calci in culo, gli stronzetti teppisti), Ginsberg si abbandona a ogni possibile esperienza. Burroughs lo introduce alla droghe, e intanto si rende conto di essere omosessuale allorché pure lui perde la testa per il Rimbaud de’ noantri Lucien Carr, il quale al solito ci sta e non ci sta, gli smolla un bacio e però lo tiene sulla corda, lo manipola usando il suo fascino e la carica sessuale. Resosi conto di quanto Allen sia ormai nelle sue mani, Lucien comincia a lamentarsi con lui del suo amante Kammerer cercando il suo appoggio. Mi perseguita, non riesco a mollarlo, non mi lascia in pace, mi costringe a sottostare alle sue voglie. Aiutami a liberarmi di lui, te ne prego. Siamo in pieno melodramma. Che precipita al punto di non ritorno quando Lucien uccide Kammerer, pugnalandolo e poi buttandolo ancora vivo nell’Hudson. Un delitto orrendo e barbaro. Alzi la mano chi ha sentito parlare di questa storia. Credo nessuno o quasi. Difatti  per decenni è rimasta negli archivi polverosi di polizia e tribunale, e nelle menti sigillate dei protagonisti. Il libro di Burroughs e Kerouac che ne parlava (E gli ippopotami si sono lessati nelle loro vasche, edito in Italia da Adelphi) è uscito mi pare negli anni Duemila soltanto, 60 anni dopo gli avvenimenti. Quanto a Lucien Carr, assolto per legittima difesa o qualcosa del genere, non ha mai voluto parlarne. Mollati Ginsberg e compagnia, si è rifatto una vita e una verginità sociali, sposandosi e percorrendo un’onorata cariera di giornalista sportivo, e mai un accenno al fattaccio. Ora, non è male che un film rievochi quella brutta storia che i biografi e agiografi dei vari Ginsberg, Kerouac, Burroughs hanno accuratamente, non so quanto scientemente, piallato via. Ginsberg, come Giovani ribelli mostra e ricostruisce, ebbe oltretutto un ruolo capitale nella trista vicenda. Innnamorato del demoniaco Lucien Carr, si fa da lui coinvolgere e irretire, e convincere a scrivere un memoriale a sua difesa. Ginsberg sfiderà il mondo, si giocherà la faccia, si farà sbattere fuori dalla Columbia per difendere l’amico, ma ne valeva la pena? Carr, assistito da uno stuolo di avvocati pagati dala sua ricca famiglia, riesce a farsi assolvere invocando il delitto d’onore. Ebbene sì, signori, delitto d’onore veniva considerato allora – America anni Quaranta – uccidere un omosessuale pe difendersi dalle sue avance, e non occorre dire altro. Carr se la cava, sparisce. Ginsberg si sentirà tradito doppiamente da lui, come amico e come innamorato non corrisposto e però usato. D’altra parte, respinto, la sua verginità era già andato a perderla con un uomo tirato su in un bar per omosessuali del Village. E la scena del probo e timido Allen Gisnberg che si fa sodomizzare è già de culto, con il buon Daniel Radcliffe già Harry Potter che offre il suo lato B al partner occasionale mentre in frenetico montaggio parallelo vediamo scorrere le immagini del coltello con cui Lucien colpirà il suo amante. Come ha detto argutamente un mio amico all’anteprima stampa: riecco l’omosessaulità colpevolizzata di un tempo, con tanto di equivalenza tra inculata e accoltellamento. Certo, per niente politically correct. Ma vivaddio qui sta il bello di questo film, nel suo perlustrare i meandri dell’omosessualità com’era una volta, mica le caruccerie smorfiose di adesso, e nel rimettere in scena un melodramma a fortissime tinte che non può non soggiogarci. Daniel Radcliffe ha un’aria sempre un po’ spaurita e la faccetta mesta, che del resto ci sta con il personaggio del timido Gimsberg. Comunque massimo rispetto per uno che ne fa di ogni per andare oltre Harry Potter (come la sua compagna Emma Watson peraltro, teppista fashionista in The Bling Ring), con tanto di sodomizzazioni che non mancheranno di lasciar basite le sue fans. Ma il vero vincitore del film è Dane DeHaan quale Lucien: davvero Rimbaud oggi avrebbe la sua faccia. Somiglia al giovane Di Caprio, ha un talento enorme, come si era già visto sia nel bellissimo Chronicle che in Come un tuono. Stiamogli dietro, che questo ci rischia di diventare un grande.
Postilla. C’è un altro fattaccio di sangue agli inizi della beat generation (e dintorni) di cui si parla poco: William Burroughs che, in preda a deliri da alcol e sostanze alteranti, uccide a Città del Messico la (seconda) moglie Joan sparandole alla testa giocando cretinamente alla Gugliemo Tell.

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