Trilogia del Padrino, a partire dalle 19,00 su Paramount Channel.
Il padrino, Paramount Channel, ore 19,00.
Il vero grande romanzo americano del Novecento. Shakespeare a Little Italy. La mafia italiana diventa tragedia greca (e viceversa). S’è scritto di tutto di questo che è più di un capolavoro: uno dei vertici della storia hollywoodiana, un titolo epocale e proverbiale, regolarmente in testa a tutti i sondaggi sul più grande film americano di tutti i tempi (insieme a Citizen Kane di Orson Welles). Non ci si stanca mai di vederlo. Marlon Brando è Don Vito Corleone, nessuno potrà mai più esserlo dopo di lui. Una famiglia di affetti estremi e di odi e rancori. Nemici dentro e fuori casa, e dunque vendette, massacri, faide. È vero, come spesso si è detto anche in tono accusatorio, che Il Padrino grazie alla sapienza e alla potenza espressiva di Francis Ford Coppola ha mitologizzato la mafia. Non solo, ha ridisegnato i modi, gli stili della criminalità globale. Dopo questo film il crimine si è conformato all’immagine che ne ha dato il cinema (sarebbe capitato in seguito anche con Scarface di De Palma e la prima Piovra televisiva, quella di Damiano Damiani). Oscar obbligato a Marlon Brando. Al Pacino come Michael, l’erede al trono di sangue, diventa Al Pacino superstar. Adoro il personaggio di Kay, la moglie borghese-wasp di Michael, una Diane Keaton nella sua interpretazione assoluta (insieme a Io e Annie e Mr. Goodbar).
Il padrino parte II, Paramount Channel, ore 22,10.
In seguito alle polemiche sorte dopo la messa in onda, qualche giorno fa, del Padrino parte II con un nuovo doppiaggio, oggi Paramount Channel ripresenta il film nella versione classica anni Settanta con il doppiaggio originale.
La seconda parte della trilogia coppoliana che costituisce un pezzo grande del cinema americano, e non solo di quello. Raro che un sequel sia all’altezza dell’episodio fondativo, ma questo lo è, anzi c’è chi lo ritiene anche superiore. Io continuo a preferire il primo, più compatto, qualcosa che ha la perfezione e la potenza del mito, però niente da dire, questa parte seconda è immensa. Ha però una struttura più complicata e sfrangiata, costruita com’è intorno a due piani narrativi. Il primo livello è in realtà il prequel di quanto abbiamo visto nel Padrino, mostrandoci come Vito Corleone da povero emigrato dalla Sicilia diventa Don Vito Corleone, il boss di tutti i boss. Dunque, un racconto di formazione criminale di folgorante esattezza, con Vito ragazzo che incomincia come manovale del crimine a Little Italy e poi man mano sale ai vertici usando il cervello e le armi con pari perizia. Lo interpreta, anzi incarna, un Robert De Niro che con questo ruolo non solo si prende il suo primo Oscar (come miglior attore non protagonista), ma fonda la propria leggenda di Actor Maximo, e davvero vederlo qui è qualcosa che non si scorda. L’altro livello del film è l’esercizio e l’estensione del potere – siamo nei tardi anni Cinquanta – da parte di Michael Corleone, il figlio istruito e quasi borghese che nel primo film avevamo visto diventare erede dell’impero mafioso del padre Vito, ed è un Al Pacino gigantesco che duella a distanza con De Niro (i due non si incontrano mai). Qui i toni sono più di crudeltà shakespeariana, con guerre di potere interne ed esterne al clan, e un Michael Corleone più spietato che mai. Il limite, se si può usare questa parola per un film titanico come questo, è che le due narrazioni si sovrappongono ma non interagiscono. Però, signori, che film.
Il padrino parte III, Paramount Channel, ore 1,50.
Considerato il lato debole della trilogia coppoliana. Parte terza e conclusiva che arriva assai tardivamente, nel 1990, a quasi due decenni dai leggendari episodi 1 e 2, con un Coppola forse riluttante, forse non così voglioso di tornare ai Corleone e di dover fare i conti con i propri demoni passati, essendo Il Padrino quella cosa che l’ha consacrato, immortalato, ma da cui ha rischiato anche di essere assorbito e divorato. Michael Corleone (Al Pacino, nel frattempo invecchiato sul trono del clan, molto diverso rispetto all’arrembante stagione del Padrino 2), è ormai in cerca di rispettabilità per sé, la sua famiglia, perfino la sua impresa criminale. Todo cambia, tutti invecchiano. Si impegna in beneficienza e sostegno dell’amata Sicilia, ma non tutto va come vorrebbe. Il figlio non ha nessuna voglia di entrare negli affari di famiglia e preferisce darsi al canto (lirico). Michael si ficca in un impiccio troppo grande anche per lui, una banca connessa al Vaticano, che lo porterà a scontrarsi con poteri occulti. Intanto, a New York si riapre la guerra tra clan. Memorabile la sequenza al Teatro Massimo, con un che del Gattopardo di Visconti (Michael Corleone come il principe di Salina?). Un film crepuscolare, con un senso di decadenza e fine imminente che non piacque molto al pubblico, e neanche ai critici se è per questo. Fu un quasi flop, forse non era più tempo di Padrino, o forse Coppola pagava il suo coraggio nel voler scrivere un vero nuovo capitolo della saga, nel non rifare il dèjà-vu. Oggi assai rivalutato e, visto accanto ai primi due, il loro perfetto esito e complemento. Con Diane Keaton/Kay tornata accanto a Michael/Al Pacino. Nella parte della figlia doveva esserci Winona Ryder, sostituita all’ultima momento da Sofia Coppola, allora solo rampolla illustre e non ancora regista in proprio. Andy Garcia è il picciotto con le palle in irresistibile ascesa. Al soggetto e alla sceneggiatura ancora Mario Puzo.